Lucio?
Un flipper
Un flipper
“Se Lucio mi manca? Non ci frequentavamo da tempo e comunque era sempre Vito il posto dove potesse uscire qualcosa. Memorabile una sera: io, lui e Vecchioni che cantiamo Porta Romana. Credo che Lucio sperimentasse e volesse continuare a sperimentare strade nuove. Era un virtuoso dello strumento che suonava. Era così, un personaggio multiforme e imprevedibile anche nella vita con una sensibilità spiccata verso i sofferenti. Forse il più imprevedibile del gruppo”. Sono tante le parole che potrebbero indicizzare il Maestrone. Anarchico, panteista, per nulla ostico e molto agnostico. Cantore del dubbio, convinto che fare domande sia meglio che azzardare risposte perché interrogarsi presuppone ricerca e a rispondere si rischia l’arroganza. Fumatore di gesto, non di respiro, le sue sigarette sono sempre fumate fino a metà, mai intere. L’accenderle è più un’abitudine più che il risultato di una dipendenza di nicotina. Un autentico astrologo al contrario: “Cantare il tempo andato è il mio tema”. I suoi personaggi non sempre conoscono la benedizione del lieto fine ma si tengono stretti la consolazione della memoria, quella che fa caldo quando improvvisamente intorno a te s’è fatto il gelo. Lo chiamano il cantautore con l’Eskimo (ma lui l’Eskimo l’avrà indossato si e no 10 volte in tutta la sua vita, si è limitato d’inserirlo in una canzone e da allora…).
"Il silenzio era scalfito solo dalle mie chimere"
Custodire i ricordi,
carezzare le età
Alcuni gli lamentano il fatto di portarsi sempre sul palco non un fiasco di vino, lui detesta il fiasco. Vi sfido a trovare una foto dove Francesco tracanna sangiovese da un fiasco. Sono sempre bottiglie e lui ci tiene a rimarcare questo fatto. Il vino lo si beve dal vetro non impagliato. No al fiasco, si alla bocia. Poi c'è chi lo rimproverava di portare in scena il ’68 e la vecchia cultura di sinistra solo perché veste, tutt'ora, sempre con Clark’s, jeans, maglione e camicia. Tra tutti questi sciocchi luoghi comuni (per la verità ormai quasi disabitati) uno solo è veramente molesto e ingrato, quello che lo accusa di scrivere da trentanni la stessa canzone. Una cattiveria come tante, come quando Keith Richards disse di essersi tirato un grammo di cocaina mista alle ceneri di suo padre morto 15 anni fa, per poi smentire tutto dopo una settimana. La cornacchia dei Rolling non è battuto da nessuno in quanto Dark-Noir-Style.
Tornando a Guccini,
sarebbe sufficiente ascoltare i suoi dischi con attenzione, per rendersi conto che come fiumi carsici fanno spazio a mille tranelli come i vecchi trumeau. Sono dischi a doppio fondo, a doppia memoria e in certi casi a doppio senso con lo stesso fraseggio, pur riconoscendo l’ispirazione musicale primaria, la ballata alla Dylan, Song Route 66, l'America. Fra la via Emila e il West. Si tratta, del resto, d’inesattezze ampiamente compensate dall’amore di chi lo segue da anni e ne apprezza la coerenza, oltre che la bravura. Dopo De André, ho sempre posto Guccini, Conte e Capossela allo stesso livello, tutti secondi. D’innegabile per chiunque c’è la sua straordinaria abilità nel farsi burattinaio di parole, tanto in canzone quanto in prosa. Non è un poeta, per sua stessa ammissione, nonostante gli sia stato assegnato il Premio Montale (e scusate se è poco, poeti del Web!).
Ho ancora
la forza
la forza
Scherza,
con doveroso rispetto, anche della sua casuae omonimia con l'attuale Papa, definendolo un personaggio che ci riserverà dolci sorprese. "Quando ho sentito la piazza che gridava 'Francesco, Francesco' mi sono detto: Mi sembra di averlo già sentito, sebbene in misura minore. In realtà io lo sapevo già. Papa Francesco mi aveva telefonato prima del conclave, anticipandomi di volersi chiamare come me. Io ovviamente gli ho detto che era una bella idea, ma di non dimenticarsi di quell'altro Francesco, quello d'Assisi, quello che si spogliò di tutto per vivere da povero". Non perde occasione per rendere il clima più surreale e ironico, lasciando comunque la sua traccia mai goffa o fuori luogo: "se devo sparare cazzate, piuttosto sto zitto". Che siano queste le sue medicine per invecchiare così alla grande? Della politica è rimasto sbalordito della violenza di Beppe Grillo definendolo troppo feroce, violento con i suoi eletti. Effettivamente, se non si fida neanche di loro, cosa fa politica a fare?
L'ultimo disco di Francesco Guccini, uscito il 27 novembre 2012
Vacca di un cane
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Tecnicamente, si dice che il pezzo di una canzone è riuscito quando rimane celibe se letto in assenza della musica e che una canzone è davvero tale quando il risultato è superiore alla somma di parole e musica. Anche sotto questo aspetto, appare chiara la parabola gucciniana tutt’altro che statica. Agli inizi con parole semplici e forti, gli ultimi tempi, con azzardate e riuscite allitterazioni: “Perché fra i libri schiacciare rose di risa paghe e piene delle spose”, versi coraggiosi, “E una notte lasciasti portarti via” e atmosfere struggenti: “E correndo m’incontrò lungo le scale, quasi nulla mi sembrò cambiato in lei”.
Guccini: "Sono anarchico e libertario. Ma lascio aperta la porta a Dio" |
La bomba
proletaria
Semmai, quel che incuriosisce è la variazione sul tema. Se ne La locomotiva ”aria” faceva rima con bomba proletaria “La bomba proletaria che illuminava l’aria”, in Non bisognerebbe “aria” bacia la “pista solitaria” ("come un cane che alza il muso e annusa l’aria, batti sempre la tua pista solitaria”).
Diversa è la lingua letteraria. Se Gadda e Meneghello inserivano le voci dialettali in un contesto alto, Guccini opera in direzione opposta, spruzzando appena d’italiano il pastiche della lingua orale e regionale, densa di anacoluti e incongruenze, slang e invenzioni. Se di flusso si vuole parlare, non è joyciano, semmai è quello che Franco Bernini chiama flusso di magnetofono. Un parlato che oggi non esiste più, accarezzare i ricordi, ricordare le età. Tutta materia di rabdomante che procede metro dopo metro con l'esaurimento di quella vena insaziabile, non è rossa come il vino, non è trasparente come l'acqua, è rossa come la passione di vivere e di morire per poi rivivere. Dove? Ragazzi, non vi pare di chiedere troppo? Non saprei... Le mie speranze le conoscete e poi anche se non le conosceste, che cambierebbe al mondo? Quindi, già in partenza, denotiamo che è un discorso poco interessante, degno di essere abbandonato e non pagare alcun fio.
Il dizionario
Il maestrone di
Pavana oggi ha 73 primavere sulle spalle e lui lo dice che iniziano a
pesare annunciando il suo ritiro dalle scene e che non inciderà più canzoni. Il
suo ultimo disco e le sue canzoni storiche gireranno in tour comunque
attraverso Biondini, Tempera, Marangolo e Mingotti, gli ultimi musicisti con i
quali s’è ritrovato a fine carriera. Hanno rifiutato invece Ellade Bandini e
Roberto Manuzzi. La chitarra Guccini l’ha appesa al chiodo. Lasciata in un
angolo della sua casa di Pavana dove ora vorrebbe restare a scrivere e leggere.
Il cantante lavora alla seconda parte de “Il dizionario delle cose perdute” e con
Loriano Machiavelli scriverà libri gialli.
Foto storica: Guccini e De André |
I ragazzi
della Band
Un lungo saluto
della Band
Un lungo saluto
alla musica che a fatica gli appassionati e i critici sono riusciti ad accettare, ma non tutti. “Ho tre chitarre appoggiate al muro”, così aveva cercato di spiegare Guccini nell’ultimo incontro alla storica osteria da Vito a Bologna, “Non le prendo mai in mano, vorrà dire qualcosa? Gli ultimi tempi mi veniva male anche ai polpastrelli, l'allenamento vuol dire, i calli col tempo se ne vanno dalle falange. Ma questo non significa che non faccia più nulla. Continuo a fare altre cose. Non penso mai durante il giorno alla musica, a comporre, a suonare la chitarra. Mai” a detto da Fazio poche sere fa. E l’addio alla musica lo fa con il cuore più leggero adesso che sa che ci saranno i “ragazzi” della vecchia band a suonare i testi di un’intera carriera pluri 40ennale. Anche se, come ha detto il mio amico Fernando, quando uno del peso e dell'altezza come Guccini, non solo fisicamente ma soprattutto musicalmente e culturalmente abbandona, rimane sul volto una segno velato di tristezza. "La barba aiuta".