venerdì 16 settembre 2016

Pasolini: "Frocio e basta!"

 Dove si consuma l'infido
Pasolini non perdonò mai i partigiani che

ammazzarono il fratello
        di Matteo Tassinari
“Se l’era cercata”, commenta Giulio Andreotti alla rivelazione sulla morte di Pier Paolo Pasolini, le stesse parole che usò per la morte dell'avvocato milanese Giorgio Ambrosoli: "Se l'è cercata!", che strano... Ma ci sono nuovi elementi che nuovi non sono più, eppure sono lì, chiari come il sole e nessuno fa due più due uguale quattro. Il sospetto che non sia stato Pino Pelosi, unico condannato per l’omicidio, è avvalorato anche dal grande amico di PPP, Sergio Citti.
Anche l’amico Enzo Siciliano si domanda: "qual è quel fetuso comunista che Pelosi, nella terribile notte dell’omicidio, sostiene di aver ascoltato". Nei famosi "Scritti Corsari” sul Corriere della Sera lo scrittore friulano era sempre impegnato contro l’oppressione comunista, soprattutto in Romagna. Ma non si lasciava tentare dall'avventura dell’impegno politico. Nei suoi scritti non c’è via d’uscita da una condizione soffocante.
La    "macchina
fagocitatrice"
Non riconosce alla sinistra alcuna intenzione d’infrangere l’omertà, suo potentissimo atteggiamento di fronte alla politica italiana, se non il servirsene a fini di propagandistici. Non era certo il personaggio capace a stare in cerchio con altri simili che all'unisono cantano la stessa messa. Lui voleva e doveva essere isolato, perché solo così trovava la rabbia per fare quello che voleva senza condizionamenti.
Il corpo di Pasolini dopo il massacro della notte tra il 1° e il 2° novembre 1975


Moravia:Figura centrale
dell'attuale cultura”
Era un uomo di pensiero, certo, ma semplicemente libero e a quegli anni, essere liberi intellettualmente, non era semplice, perché più di oggi la cosiddetta "macchina fagocitatrice" d'ideali propri, era, forse, più divoratrice e feroce. All'annuncio tragico della morte di Pasolini, Alberto Moravia disse: “La sua fine è stata al tempo stesso simile alla sua opera e dissimile da lui. Simile perché egli ne aveva già descritto, nella sua opera, le modalità squallide e atroci, dissimile perché egli non era uno dei suoi personaggi, bensì una figura centrale della nostra cultura, un poeta che aveva segnato un’epoca, un regista geniale, un saggista inesauribile”.
 Un "frocio" al martirio 
Il modo più naturale per screditare l'immagine di Pasolini, era la chiacchiera sulla sua omosessualità e direi che non c'è cosa più odiosa di questo tipo di trattamento da parte dei coetanei, colleghi o amici. Pasolini, umanamente, soffrì troppo, forse era destinato proprio a questo. Certe persone, questa vocazione direi al "martirio", è innata e non mi metto certo a fare degli esempi per suffragare e poggiare il mio pensiero in proposito. "Provo grande pena, sorella del disprezzo, quando un uomo politico democristiano tenta di fare come Anteo che recuperava le forze cadendo sulla terra, e cioè si rifà alla tradizione ideologica (?) democristiana, rispolverando con venerazione De Gasperi. Ma De Gasperi politicamente non era nessuno", secondo Pasolini.

“Siluramento”
post mortem 
Quello che scrivo adesso e che voi ora leggete, è stato scritto in tante altre occasioni ed in tante chiose diverse, eppure nessuno ha mai voluto o saputo andare a fondo nelle indagini che le avrebbe sapute leggere anche un'analfabeta corsicano. Non è difficile immaginare il perché del “siluramento” post mortem di Pasolini in una sinistra che ha sempre posto il burocrate, il partito forte e che viene da lontano e non si sa dove vada, il funzionario, l’intellettuale “organico” al di sopra dell’umanità.
Pier Paolo non perdonò mai i partigiani che uccisero a Porzus, che consistette nell'uccisione fra il 7 e il 18 febbraio del 1945, di diciassette partigiani della Brigata Osoppo, formazione di orientamento cattolico e laico-socialista, il fratello, partigiano senza colore.
Il sentiero
dei nidi di ragno
La subordinazione della letteratura alla politica comunista berlingueriana, è stata la piaga italiana della sinistra di questi ultimi dannosi tempi. In “Petrolio”, uscito postumo, Pasolini dimostra come il Pci abbia approfittato largamente, per ragioni decorative ed esteriori, dei “librieri” italiani (gli scrittori sono un’altra cosa). Nel bel libro “Pasolini contro Calvino” (Bollati Boringhieri), Carla Benedetti, docente all’Università di Pisa, spiega come all’impegno reclamato dal Pci, l’autore del “Sentiero dei nidi di ragno” e del “Barone rampante” si sia adattato lasciandosi sbandierare quale fonte di grande orgoglio del partito comunista.
 “Hai torto.
La pagherai”
Allorché apparve il libro di Carla Benedetti, Ferdinando Camon scrisse sulla Stampa: “credo che la Benedetti dica cose giuste, ma troppo presto…l’etica dominante ha una sua idea della letteratura… Cara Benedetti domani avrai ragione. Oggi hai torto. E la pagherai”. Qual è la colpa di Pasolini? Di aver scritto: “Il rischio della impopolarità, fa più paura nell'intellettuale italiano del vecchio rischio della verità” da “Petrolio”, edito dopo il macabro assassino di Pier Paolo Pasolini da organi deviati dello Stato italiano, che si sono serviti della malavita organizzata, politica sensibile al malaffare e Servizi.
Sapeva della sua morte

Il corpo di Pier Paolo Pasolini prima dell'autopsia

Quel... "Io so"
Ancora: adattandosi alla propria denigrazione, l’intellettuale è insieme incarnazione di un bisogno inestinguibile di cambiamento…”. Pasolini sapeva che dopo la morte, forse cercata, le catene d’oro delle quali fu caricato dagli “strumentalizzatori” politici gli sarebbero rimaste addosso per trascinarlo al fondo dell’oblio fino allo sfinimento. Lo scrittore non sapeva fare “economia” della verità.
Il "fetuso comunista"
Al momento della morte, nella quale Pelosi si dichiara estraneo, una presenza curiosa, ricordata da Enzo Siciliano, è stata quel “fetuso comunista” con accento siciliano. Presenza che lascia supporre che l’incarico di uccidere Pasolini sia stato assegnato forse alla mafia da poteri indispettiti dagli scritti “Corsari” ormeggiati nella stampa confindustriale: 
"Amo ferocemente, disperatamente la vita - scriveva Pasolini - e credo che questa ferocia, questa disperazione mi porteranno alla fine di tutto. Amo il sole, l'erba, la gioventù, la passione agli ideali. L'amore per la vita è divenuto per me un vizio più micidiale della cocaina, nulla ha più senso di ciò. Io divoro la mia esistenza con un appetito insaziabile, famelico, inappagabile e inappagato.
Dripping su Pasolini
Come finirà tutto ciò? Lo ignoro, e francamente non m'interessa", è la conclusione di un post che cadrà nel già tanto e troppo materiale accumulato nei decenni a cui nessuno sembra essere interessato e i motivi si capiscono. Eppure è stato il più grande intellettuale italiano del secolo scorso, l'unico che nell'Italietta degli anni '70 di "Calvino", aveva il coraggio di andare contro i poteri forti, le Consociate e le Multinazionali e le loro attività utili al firmamento alto della globalizzazione assassina, crudele e indifferente a tutto. Il tempo è come la macina del frantoio dell'olio d'oliva. Passa e schiaccia, frammenta e sminuzza ogni osso e polpa, creando un'amalgama informe e senza senso, privo di ogni fondamenta se non quella della corruzione che Pasolini considerava il male di quella società e anche di questa. 
"Bella gente". Eugenio Cefis assieme a Gianni Agnelli
Chissà cos'altro direbbe oggi. Col suo assassinio voluto fortemente da Eugenio Cefis, all'epoca dirigente d'azienda e imprenditore italiano, consigliere dell'AGIP, presidente dell'ENI e di Montedison. Per il suo ruolo nella loggia massonica P2 e i forti sospetti avanzati da Mauro de Mauro e Pier Paolo Pasolini su un suo coinvolgimento nell'attentato a Enrico Mattei, cui succedette come Presidente dell'ENI, è una delle figure più controverse dell'ambiente imprenditoriale italiano. La macchina "fetusa" del fango vinse ancora.