sabato 24 settembre 2016

Pasolini e Calvino: due opposti don Chisciotte

 Ipocrisie
 da Ultima  Thule
         di Matteo Tassinari
Lo so. Pier Paolo Pasolini non è argomento attraente per un blog. Ma trovo così eccezionali e pieni i suoi documenti, le sue testimonianze a noi arrivate, che molto semplicemente desidero aumentare le occasioni d’incontro con lo scrittore friulano. Con Italo Calvino, che era un poco come Nicodemo nel Vangelo, lo Scriba interessato realmente al Cristo Vivente (senza per questo, per carità, paragonare Pasolini a Colui che E') incontrava Pasolini in posti appartati, dove l'apparato non lo vedesse.
Laurence  Olivier è Nicodemo
Non posso più credere alla rivoluzione, ma non posso non stare dalla parte dei giovani che si battono per essa. È già un'illusione scrivere poesia, eppure continuo a scriverne, pure se per me la poesia non è più quel meraviglioso mito classico che ha esaltato la mia adolescenza. Non credo più nella dialettica e nella contraddizione, ma alle pure opposizioni. Tuttavia sono sempre più affascinato da quell'alleanza esemplare che si compie nei santi, come san Paolo, fra vita attiva e vita contemplativa. 
   Tomba del capitalismo o evoluzione del sistema?
Finché perdura il sistema che si combatte (nella specie, il sistema capitalistico) esso non va considerato il male, perché anche sotto di esso c'è la realtà, ossia Dio. Infatti la realtà è infinitamente più estesa del sistema, ma il sistema è infinitamente più esteso di noi: e quindi, come il sistema non coprirà mai tutta la vita, noi non potremo mai giungere ai confini del sistema e scavalcarlo".
Amate   questo corpo
A tappe pubblicherò alcuni suoi scritti, in modo leggero, come grafica intendo, il resto è musica dello scrittore e intellettuale. Menabò accattivante, il resto è in mano alle vostre coscienze e responsabilità, alle vostre elementari ipocrisie come a tutte quelle particelle innocue che si presentano come Ultima Thule, per dirla con Guccini. Per la miseria, a scrivere vengono fuori abbinamenti che non avresti mai neppure immaginato, che acido positivo. Ma questa è una non banale considerazione personale, che ha tutto e nulla a che vedere con Pasolini e Calvino. Lo faccio per mettere il mio nome vicino a quello di grandi che amo. SCHERZO! Non sono così imbecille come pensate. Il fatto, è che li amo, perché, soprattutto Pasolini, non c'è più neppure l'ombra di personaggi come loro, in Italia. "La Resistenza e il Movimento Studentesco sono le due uniche esperienze democratico-rivoluzionarie del popolo italiano. Intorno c'è silenzio e deserto: il qualunquismo, la degenerazione statalistica, le orrende tradizioni sabaude, borboniche, papaline".
 Intorno       c'è
silenzio           e deserto
Scrisse in un suo libro, il passaggio seguente che qualche cosa che torna farti vivere quel senso d'infinito, che solo da bambino si può provare: "Amo ferocemente, disperatamente la vita. E credo che questa ferocia, questa disperazione mi porteranno alla fine. Amo il sole, l'erba, la gioventù. L'amore per la vita è divenuto per me un vizio più micidiale della cocaina. Io divoro la mia esistenza con un appetito insaziabile.
 Come finirà tutto ciò? Lo ignoro! M'interssa solo ciò che potro realizzare". Potremmo dire, recuperando uno stilema dantesco, che Pasolini non riesce a essere ben tetragono ai colpi di ventura. E' un uomo che vede il suo mondo cambiare e perdersi giorno dopo giorno.

Houellebecqellebelbelche
Ma neanche in Francia, e non mi parlate di heleeelloochebecchcchkhch, si... il signore appena qui sotto, c'è l'ha a morte con le donne ed è proprio pazzo. Un Donald Trump, anarchico-monarchico, coi capelli similari, coinvolto nel movimento anglosassone detto di Anticipazione sociale. Poi scopre Howard Phillips Lovecraft e non ci capisce un cazzo, però dice alla stampa: "Morire non mi spaventa. Non credo più nella vita. Se muoio ora va bene". Quindi?
Il        coagulamento dei
saperi e degli       odori
Michel Houellebecq, "scrittore merce"
Per questo partorirà l’obbrobrio "Sottomissione" dove Houellebecq, ("autore-merce") che finisce per identificarsi con il personaggio del romanzo, quel François senza gioie né passioni, privo di vita vera. Ha letteralmente spaccato la Francia in due. I giornali si sono riempiti di recensioni, editoriali, fondi redazionali, interviste. Ognuno ha dichiarato agli altri da quale parte stava, con o contro Houellebecq, ma il suo vero nome è un banalissimo Michel Thomas. La trasformazione di eventi letterari in fatti sociali e politici è senz'altro vecchia tradizione francese, per decenni, s'è auto-relegata col suffisso aggettivale "Querelle". Nel caso di Sottomissione, si arriva ad una raffinatezza estrema nella confusione, perché ciò che 'Hollechbechchecbecholchbech', a cui piace maldestramente giocare con il destino dei suoi personaggi, come credo in un suo senso acuto di misoginia che personalmente me lo toglie dal panorama dei "preferiti", in automatico, un reset spontaneo e senza preservativo. Olè! Slacccc... Sempre sul modello di Huysmans, 'Hollechbechchecbecholchbech', torna a scrivere (ed odorare) producendo un vortice di noia abissale, senso del vuoto insopportabile, per cui torniamo al florilegio fra Pasolini e Calvino e vada fino in fondo alle sue autentiche paranoie da francese, tra il "gagaismo" e il "clochardismo", nuovo filone su cui s'erge a mentore lo "scrittore merce" che tiene la sigaretta con le dita centrali. Lui è uno scrittore, per di più maledetto... che je voi dì? 
Michel Houellebecq
Perché quel che ha detto e scritto Pier Paolo Pasolini, condividendone pure la punteggiatura, mi pare oggi così assente, quella sana aggressività, per ritrovarci con degli Sgarbi innaturali e impropri assolutamente privi di spessore, credenziali e soprattutto, la vera passione, l'idem sentire, "il coagulamento dei saperi", come definiva Pasolini la cultura condivisa. Probabilmente spendo parte del mio tempo perché avverto la mancanza di un intellettuale come lui, con la stesso livello di attendibilità, lo stesso spessore, lo stesse vibrazioi.
I nuovi valori consumistici, sempre secondo per Pier Paolo Pasolini, prevedono infatti il laicismo, la tolleranza e l’edonismo più scatenato, tale da ridicolizzare risparmio, previdenza, rispettabilità, pudore, ritegno e tutti i vecchi buoni sentimenti che hanno devastato un Paese. "Quell'Italia che non ha avuto una grande destra perché non ha avuto una cultura capace di esprimerla. Essa ha potuto esprimere solo quella rozza, ridicola, feroce destra che è il fascismo".
Calvino? Un magnifico scrittore minoritario. Pasolini? Un eccelso scrittore straziato. Entrambi dogmatici, seppur in modi diversi e modus operandi diversi. Entrambi tra i più influenti e ascoltati intellettuali della seconda metà del secolo, la cui ombra si dipana oggi in uno sconfinato declino, senza un finale di pensiero, con un avvio promettente però. Ammirarli e denigrarli sono due facce di un’unica sensibilità e passione politica. L'identico cristallino con cui denunciava in modo preciso e puntuale i misfatti del Palazzo, a lui, Pasolini, che si deve il conio di questo termine che non gode di una buona accezione semantica. Come non vedere in Pier Paolo Pasolini una sorta di cavaliere errante De La Mancha, un Miguel Cervantes don chisciottesco, un Leonard Cohen, perché no?
 Per ultimo,     arriva
sempre      il corvo 
La potenza   della convinzione
Qui in polemica con un certo tipo d’intellettuale di sinistra, stabile e strutturale al Palazzo, e all' all'opposizione, (scriveva Pasolini ad Italo Calvino) certamente minore di quello spessore rivoluzionario e visionario che portava in se dovunque lo scrittore friulano. Al tempo, Calvino era molto, troppo, irrigidimentato nelle strutture della politica di "sinistra" o "berlingueriana", anche se Pasolini ammirava molto l'esperienza partigiana alla base del suo primo romanzo, "Il sentiero dei nidi di ragno" e della raccolta di racconti "Ultimo viene il corvo". Aspetto da non sottovalutare, in quanto si respirava comunque in ogni pagina il suo grande rancore verso quei partigiani che gli uccisero il fratello e non riuscì mai nella vita a riconoscere i meriti (tantissimi) de Partigiani. Ma non per questo è in colpa! 
Il clima era quello tipicamente fascista, secondo i luoghi comuni del Paese d'allora, l'idea che parlare di politica criticamente, sia un infame vizio da fannulloni disfattisti e nichilisti qualunquisti. Per fortuna, ci sono piccoli spazi dove lo scontro politico, non può contaminare nessuno, ma non sono sufficienti per poter affrontare le troike soprattutto di sinistra che impediscono uno sviluppo armonioso del Paese. Nonostante lo stile neorealistico di questi romanzi giovanili, profondamente differente da quello del Calvino maturo e della cultura politicizzata, sia pure allo stadio embrionale, da alcuni elementi che caratterizzeranno la dimensione fantastica e la visione dal punto di vista del narratore, in questo caso gli occhi di un bambino.                                                                                                                                                         (M.T.)
Italo Calvino
(Santiago La Habana, 15 ottobre 1923 – Siena, 19 settembre 1985)


E' stato uno scrittore e partigiano italiano. Intellettuale di grande impegno politico e culturale, è stato uno dei narratori più importanti del secondo Novecento. Ha seguito molte delle principali tendenze letterarie a lui coeve, dal Neorealismo al Postmoderno, ma tenendo sempre una certa distanza da esse e svolgendo un proprio personale e coerente percorso di ricerca, talvolta disturbato dal Pci e Dc, coese nel reprimere il lavoro intellettuale troppo smarcato sia a sinistra, al centro, come a destra

       “Io sono ancora di quelli che credono, con Benedetto Croce, che di un autore contano solo le opere. Quando contano, naturalmente. Perciò dati biografici non ne do, o li do falsi, o comunque cerco sempre di cambiarli da una volta all'altra. Mi chieda pure quello che vuol sapere e Glielo dirò.

Ma non Le dirò mai la verità, di questo può star sicura”. (Italo Calvino, dalla lettera a Germana Pescio Bottino, 9 giugno 1974).  
Lettera     aperta  di  Pier  Paolo  Pasolini
ad  Italo     Calvino: "Quel che rimpiango"

"In relazione al florilegio dell'8 luglio 1974:
Caro Calvino,  limitatezza storia contemporanea, immensità del mondo contadino"

 Come finirà    tutto ciò?
L'ignoro, ed è meglio così
Maurizio Ferrara dice che io rimpiango un'età dell'oro. Tu dici che rimpiango l'Italietta. Tutti dicono che rimpiango qualcosa, facendo di questo rimpianto un valore negativo e quindi un facile bersaglio. Ciò che io rimpiango (se si può parlare di rimpianto) l'ho detto chiaramente, sia pure in versi Paese Sera. Che degli altri abbiano fatto finta di non capire è naturale. Amo ferocemente, disperatamente la vita. E credo che questa ferocia, questa disperazione mi porteranno alla fine. Amo il sole, l'erba, la gioventù. L'amore per la vita è divenuto per me un vizio più micidiale della cocaina. Io divoro la mia esistenza con un appetito insaziabile.

Pasolini sulla tomba di Gramsci
Tuttavia mi meraviglio che tu non abbia voluto capire. Io rimpiangere l'Italietta? Ma allora tu non hai letto un solo verso delle Ceneri di Gramsci, non hai letto una sola riga dei miei romanzi, non hai visto una sola inquadratura dei miei film, non sai niente di me! L'Italia – al di fuori dei tradizionali comunisti – è nel suo insieme ormai un paese spoliticizzato, un corpo morto i cui riflessi non sono che meccanici. L'Italia cioè non sta vivendo altro che un processo di adattamento alla propria degradazione. Tutti si sono adattati o attraverso il non voler accorgersi di niente o attraverso la più inerte sdrammatizzazione. Perché tutto ciò che io ho fatto e sono, esclude per sua natura che io possa rimpiangere l'Italietta. A meno che tu non mi consideri radicalmente cambiato, cosa che fa parte della psicologia miracolistica degli italiani, ma che appunto per questo non mi par degna di te.

L'Italietta    Paese
di      gendarmi corrotti
L'Italietta è piccolo-borghese, fascista, democristiana, provinciale, ai margini della storia. La sua cultura è un umanesimo scolastico formale e volgare. Vuoi che rimpianga tutto questo? Per quel che mi riguarda personalmente, questa Italietta è stata un paese di gendarmi che mi ha arrestato, processato, perseguitato, tormentato, linciato per quasi due decenni. Meglio così, ho sempre ritenuto che il successo non è niente. Il successo è l'altra faccia della persecuzione. E poi il successo è sempre una cosa brutta per un uomo.
Un  metodo efficace e democratico, sarebbe quello di abolire la televisione di Stato e togliergli arte del potere che ha e che sfrutta in modo aberrante e di creare la possibilità di operare anche a televisioni private. A posteriori, possiamo affermare che non penso che Pasolini quando disse ciò pensasse a figuri come Silvio Berlusconi, ma l'idea di depotenziare la Tv democristiana era ottima, potente e innovativa.
A  marchio
"Berlinguer, doc"
Si trovò, paradossalmente, alleata l'"intellighenzia democristiana", mentre i suoi detrattori più tenaci, erano a marchio Berlinguer doc, che di per se stimava Pier Paolo Pasolini, ma capitò che molti dei funzionari della macchina comunista parlamentare, nell'ardore della carriera politica, gridassero al Re è nudo, anche quando di nudo non c'era neanche due dita. "Far degenerare le ansie dell'acquisto e delle produzione in qualcosa che è la loro purezza e la loro mancanza di funzione, è la parte del poeta" chiuse uno dei suoi migliori Scritti Corsari per il Corriere della Sera.
In fondo, lui è postumo di se stesso
Andreotti, Fanfani, Rumor, e almeno una dozzina di altri potenti democristiani, dovrebbero essere trascinati sul banco degli imputati. Non credi Italo? E quivi accusati di una quantità sterminata di reati: indegnità, disprezzo per i cittadini, manipolazione del denaro pubblico, intrallazzo con i petrolieri, con gli industriali, con i banchieri, collaborazione con la Cia, uso illegale di enti come il Sid, responsabilità nelle stragi di Milano, Brescia e Bologna (almeno in quanto colpevole incapacità di colpirne gli esecutori), distruzione paesaggistica e urbanistica dell'Italia, responsabilità della degradazione antropologica degli italiani, responsabilità dell'esplosione "selvaggia" della cultura di massa e dei mass-media, corresponsabilità della stupidità delittuosa della televisione.
Extraterrestri in vista
Questo un giovane può non saperlo. Ma tu no. Può darsi che io abbia avuto quel minimo di dignità che mi ha permesso di nascondere l'angoscia di chi per anni e anni si attendeva ogni giorno l'arrivo di una citazione del tribunale e aveva terrore di guardare nelle edicole per non leggere nei giornali atroci notizie scandalose sulla sua persona. Ma se tutto questo posso dimenticarlo io, non devi però dimenticarlo tu...
   Quei         teppisti
   del          Borghese
La vita     di un
intellettuale
all'inferno
Questa Italietta, per quel che mi riguarda, non è finita. Il linciaggio continua. Magari adesso a organizzarlo sarà l'Espresso, vedi la noterella introduttiva ad alcuni interventi sulla mia tesi, noterella in cui si ghigna per un titolo non dato da me, si estrapola lepidamente dal mio testo, naturalmente travisandolo e infine si getta su me il sospetto che io sia una specie di nuova Plebe, operazione di cui finora avrei creduto capaci solo i teppisti del Borghese.
Io so bene, caro Italo, come si svolge la vita di un intellettuale. Lo so perché è la mia vita, sono le mie ore. Letture, solitudini al laboratorio, cerchie in genere di pochi amici e molti conoscenti, tutti intellettuali e borghesi, gli occhiali che non si trovano mai per quella vocazione a perderli. La macchina per scrivere ce cigola perché non l'ho oleata, il governo corrotto, conducendo quella che i piemontesi chiamerebbero una vita perbene. Ma io, come il dottor Hyde, ho un'altra vita e molti lo sanno e mi rendono la vita un inferno. Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù. Nulla è più anarchico del potere, il potere fa praticamente ciò che vuole. E ciò che il potere vuole è completamente arbitrario o dettato da sua necessità di carattere economico, che sfugge alle logiche razionali. Io detesto soprattutto il potere di oggi.
Non posso lasciare quelle persone, capisci di chi parlo, di chi vive alle porte di Roma, senza le scarpe, i piedi sporchi e bagnati per le pozze della pioggia che si fa spazio all'interno delle case. Ognuno di noi è fisicamente la figura di un acquirente, e le nostre inquietudini sono le inquietudini di questa figura. Non credo che per queste frequentazioni sia da essere additato a criminale, e custode di chissà quali immondi segreti sozzi. Suvvia Calvino, lo sai anche tu ma non puoi dirlo bloccato come sei da qualche sacrifico 'molochiano' e sacrifici orribili. Ma il Partito comunista è una specie di paese nel paese. Un partito azienda, mi pare sia lil diktat più coerente al significato che mi frulla in testa e nella penna. 
La    "Seconda vita"
La seconda vita 
Si tratta di rimanere ancorati ad un mondo che sta sparendo, eclissandosi, ma in giro, cercandolo,  lo trovi. E non tirar fuori i problemi del partito, e tutto diverso. Basta sputtanarsi un po'. Nel vivere questa vita, che Moravia chiama "seconda vita", devo rompere le barriere naturali (e più innocenti di me) di classe e di cultura e, quindi, necessariamente, politiche. Un accozzaglia pazzesca, Babele in Babilonia, solo per una innocente frequentazione di quelle che chiamano bettole di periferia, da cui è meglio stare lontano. Che ignoranza. Le vette più alte di un'umanità perversa e corrotta nello spirito, proprio laddove dovrebbe regnare solo la pulizia onesta e libertaria dei comportamenti, affermazioni alte, spavalde della propria unicità, del proprio ruolo in questa realtà di cui facciamo parte, ma che i politici come Fanfani, non dovrebbero avere come obiettivo quello di creare consensi, ma l'aver portato un'esigenza diffusa e trasversale di pulizia e onestà, anziché forme di legalità che devono rispettate prima dal palazzo.
Il      totalitarismo
dei         consumi
Sfondare le pareti dell'Italietta e sospingermi quindi in un altro mondo, il mondo contadino, il mondo sottoproletario, il mondo operaio. L'ordine in cui elenco questi mondi riguarda l'importanza della mia esperienza personale, non la loro importanza oggettiva. Fino a pochi anni fa questo era il mondo preborghese, il mondo della classe dominata. Era solo per ragioni nazionali, o meglio, statali, che esso faceva parte del territorio dell'Italietta. Al di fuori di questa pura e semplice formalità, tale mondo non coincideva affatto con l'Italia.
L'universo contadino è un universo transnazionale che addirittura non riconosce le nazioni. Esso è l'avanzo di una civiltà precedente o di un cumulo di civiltà precedenti tutte molto analoghe fra loro e la classe dominante (nazionalista) modellava tale avanzo secondo i propri interessi e i propri fini politici. L'Italia piemontese, l'Italia fascista, l'Italia attuale senza soluzione di discontinuità. Gli uomini di questo universo non vivevano un'età dell'oro, come non erano coinvolti, se non con l'Italietta. Essi vivevano in quella che hanno chiamato l'età del pane. Erano consumatori di beni necessari, ed era questo che rendeva necessaria la loro precaria vita. Mentre è chiaro che i beni superflui rendono superflua la vita, per essere elementari e concludere con questo argomento.
 L'acculturazione consumistica, distrusse diverse culture
Per concludere, caro Calvino, che io rimpianga o non rimpianga questo universo contadino, resta comunque affar mio. Ciò non m'impedisce affatto di esercitare sul mondo attuale così com'è la mia critica. Anzi, tanto più lucidamente quanto più ne sono staccato e quanto più accetto solo stoicamente di viverci. L'acculturazione del consumismo, ha distrutto le varie culture. La conformazione a tale modello si ha prima di tutto nel vissuto, nell'esistenziale e quindi nel corpo e nel comportamento. E' qui che si vivono i valori, non ancora espressi della nuova cultura della civiltà dei consumi, cioè del nuovo e del più repressivo totalitarismo che si sia mai visto.