venerdì 22 novembre 2013

Rocky horror picture show

Non sognatelo: siatelo!
R*H*P*S*
di Matteo Tassinari

Apoteosi dark! Il "Rocky horror picture show" ha portato in scena e in trance il popolo della notte - e non solo - dopo aver irrotto l'immaginario. Azzurri e rossi gli occhi, tacchi a spillo, forcine per capelli, giarrettiere, guêpière, reggicalze e bustini serrati sulla schiena metallicamente. Ancora. Lacci, laccioli, zeppe in lattice per assottigliare i fianchi, ombelichi in vista, unghie affilate e rosse, ma anche laccate verdi, grandi cappelli e pelle, tanta, ma tanta pelle da cui assaporare pori di vita altrui come vampiri. Si, fa un pò schifo, ma anche no. Una fisarmonica in stile "Lupo ululà, castello ululì". Tonalità in gradazione armonica e oscenamente sguaiata, una stordente e contagiosa, febbricitante quanto mai dilagante intonazione, come una cantilena. Questo - può anche, anzichenò - modulare le note del "Rocky Horror", con la sua carrellata over-size di brani cult che hanno il senso dell'attrazione del sex-appel Transilvania, oltre ad aver segnato una delle compilation rock più ganze e audaci, originali, osé e avanzate. Da"Time Warp" a "Sweet transvestite", "I'm going home" a "Double feauture", se riuscite a mettere da parte tutti i vostri tabù, impresa gargantuesca, non avete che l'imbarazzo della scelta, come in un negozio hard core. Tanto ci siete stati anche voi.
Il Frankestein Place


Il musical di O'Brein, è un chiaro inno alla bisessualità. Alla trasgressione, all'imprevisto che genera mostri. Un'opera teatrale dal ritmo gargantuescamente mulatto, meticcio, scene gonfiate da un'inesauribile vitalità pandemica e oltre modo contagiosa. Ci si trova soggiogati dalla musica in mezzo a raffiche di doppi sensi e doppi sessi come se piovesse. E infatti piove a catinelle quando Brad e Janet, due sposini impacciati e candidi come il lieve nevischio di febbraio, a causa di un guasto alla vettura e bagnati da un nubifragio oltre che angosciati da saette di lampi rivisti in "Frankenstein Junior", finiscono, non so se per loro fortuna o loro malgrado, nel "Frankenstein Place", dove uno più uno non fa sempre due, a volte dà un "uno più grosso".


         Memorie

"Drummondiane"


Come nelle memorie "Drummondiane" del poeta Carlos De Andrade, in cui è insito l'erotico poiché, come dicevano gli antichi: "Eros è il socio delle Muse" nel piccolo museo sentimentale, dai monti di Venere fino a quelli da scoprire. Come Drummond, il "Rocky Horror", proclama la libertà delle parole e musica e sesso, una libertà idiomatica che crea modelli idiomatici ai limiti delle convenzioni, seguendo la libertà proposta da Mario de Andrade. Con l'istituzione del verso e movimento Pelvico libero, accentua la libertà consentita, dimostrando che questo non dipende da un metro fisso o imposizioni coatte e forzatamente prescritte a tutti da chi detiene il potere mediatico delle immagini e del "bon-ton" sessuale benpensante.

La serva Magenta
        Swe et           Tranv estite 
Metafora, immagino, del "Battello ebbro" di rimbaudiana memoria, Frank, creatura onirica, famelica e gran puttanone su cui si depositano le ambiguità dell'umano senso sessuato, del biologico pianeta dei fluidi, gioca a chi è bravissimo a scacchi, ma è un disastro nella vita quotidiana. Con lui uno stuolo di servi più macabri che originali o forse il contrario. Da Riff-Raff (dalle sembianze di un maniaco pluriomicida con problemi intestinali), Magenta (una vera casalinga dark), e Colombia (il disprezzo allo sbaraglio) e fantasmi similari vari, tutti iniziati alla poetica del "non guardate, fatelo!". O meglio "non immaginate, siatelo!", pare suggerire sibillinamente la commedia gotico noir.

La gente, in tal caso,

si trastulla con seghe elettriche (aggeggi meccanici) e vive di ossessioni e di un'ossessione in particolare mordendo polvere. Il Rocky Horror cristallizza qui la sua eccezionale portata caciarona e trasgressiva grazie alla regia di Sharman, che fissa sullo schermo quel meraviglioso baraccone di alieni transvestiti, offrendoci risate glam, godibile accento british nei dialoghi e l’impressione di essere catapultati in un megafrullatore di cinema e fumetto di genere, in bunga bunga senza fine, come le 6volte6 che Berlusconi è stato eletto da quei pirla d'italiani a Palazzo Chigi. In una espressione: ingrati senza rimorsi e con tanta passione ed energia nell'errare erroneabondo e affusolato in un groviglio di addomi ventricolari che sputano materia verde filante.
Richard O'Brein
Richard O'Brein, autore del "Rocky horror picture show"
Le pruderìe allineate
conformiste
Si diventa partecipi di tutto quel che di umanamente trasgressivo si può ritrovare nello scibile umane delle presenze in sala. Una lettura preziosa in questi tempi di confusione ideologica sessuale e di precetti claustrofobici che impongono modelli che altro non sono che deprimenti strumenti per catalogare a proprio piacimento i gusti, gli odori, i desideri, le tendenze di cui si è diventati "vittima". Una vero slavina di disagi, asperità e imposizioni che generano solo frustrazione. In realtà, chi gridò allo scandalo alla prima della pièce teatrale lo fece perché si è detto: siamo tutti impostori che sopportiamo. La lotta contro il perbenismo benpensante e le pruderìe allineate conformiste, è sempre alta. Guardate che froce!
Che froce!
Un bijou del   Kitch più noir grottescamente spigliato per quanto disinvolto, puntuale come un fulmine, soprattutto per chi vive l'esperienza in teatro e non al cinema, il rodaggio dell'emozione sarà ancora più familiare e consueto. Intanto, dal suo laboratorio, nasce Rocky. Un Omo sostanzialmente decerebrato, acefalo, privo di capacità di discernimento, insomma, un corpo da usare e riusare, fino al crollo definitivo. E siccome Frank, il travestito della nebulosa di Transilvanya non è mai sazio in quanto sessuofobo bagnato di santa sangre, deciderà di spassarsela anche con i fatati sposini seducendoli di notte, prima Janet e poi Brad.
No,    niente
Alka seltzer
Frank però
non resisterà a lungo, essendo un alieno, come lo sono Magenta e Riff-Raff i quali, esausti e vigliacche carogne, decideranno alla fine di neutralizzarlo, tornando nel "Pianeta Transilvania", proprio laddove si riuniva la Trilaterale e questa invece è verità, l'oscura finestra, lo squarcio tagliato da lama affilata. Un risveglio traumatico e desolante, su cui neanche l'inconturbabile e imperturbabile narratore dall'aplomb britannico darà il tracollo, che rotolerà. Il "Rocky Horror" è un monumento alla psichedelia, al travestitismo issato come emblema di una rivoluzione sessuale "sorridente" e "cinica", un gesto all'amore gargantuesco. Oppure opera museale e parallelamente delirante nella sua concitata effervescenza briosa esuberanza. No, niente Alka-seltzer, semmai un chilo di Bicarbonato per cacciare un rutto che strapperà un applauso agli ospiti del "Frank-N-furter Palace" in Transilvanya, nel Medioevo principato, oggi parte centro-occidentale rumena conosciuta come Ardeal, luogo ameno, esilarante, ma luogo smarrito.


















  Afferra dal basso e tira forte

Un tocco di teatro nero mai scritto prima, ma neanche dopo, con un risultato tutto tondo ed endorfinico. La spettacolarità a cui è arrivato il "Rocky Horror" negli anni, non hanno permesso che s'infiltrasse alcun dubbio sul musical. Semmai una certezza. Il musical, semplice, ritmico e melodico "afferra dal basso e tira forte" per dirla con glosse style punk-rock. Fa parlare di sé come Marco Pannella. Contagia e appesta come un'infezione a gittata nucleare contaminatrice, vedi Sarkozy. Scalza. Ammacca. Disorienta come Sgarbi. Come uno scontro frontale contro Giuliano Ferrara, la provocazione che arriva dritta come Ghedini ad allagare la platea di opzioni, se si ha la fortuna di aver vista la pièce teatrale, altrimenti ci si deve accontentare del dvd, che da ma non come in Teatro. Un vero momento dove è concesso perdere le coordinate, per offrire spazio alla nostra parte folle, anche di chi si mette le pattine per entrare in salotto. Dai, diamo aria ai polmoni ogni tanto, siamo uomini e donne, mica pezzi di coccio!


*Le cinque V*

Cinque V: VitaVirulenza, VirilitàVitalità e Violenza per scalzare perbenismo, conformismoipocrisie e pruderie, dando così ragione a Levi-Strauss: "Solo la musica e il ballo collettivo sono linguaggi primari. La parola viene dopo" e a George Steiner, che ritrovava, a suo libero dir, nei fenomeni musicali, un residuo dell'anticipazione spazio temporale dei costumi. Forse per queste due interpretazioni, il 26 settembre 1975 nelle sale cinematografiche americane (la prima fu a Los Angeles) debutta il "Rocky Horror Picture Show", un musical low-budget tratto da uno spettacolo teatrale (quasi omonimo, basta togliere la parola "Picture" dal titolo) che aveva fatto furore fin dal suo debutto in un piccolo teatro del West-End londinese, nel giugno del 1973, diventando in breve tempo un vero e proprio fenomeno. Quasi ovunque il film fu un totale disastro. Nel 1976, però, comincia a verificarsi uno strano fenomeno. Nelle sale dove la pellicola viene proiettata ci sono solo poche decine di spettatori, ma sono gli stessi della sera prima, e di quella precedente, e della precedente ancora.
Leggendaria locandina originale, 1976 Londra

Prima, com'era?

Così i distributori della 20th Century Fox, che scemi non furono, capirono che la chiave del successo del "Rocky horror", andava ricercata tra gli spettatori delle proiezioni di mezzanotte. Eclettismo sregolato. Inizia il cammino del musical Cult più inopinato, prodigioso e inusitato che mente umana abbia musicato. Oggi, il "Rocky Horror Picture Show", non ha perso un briciolo del proprio smalto e detiene il record di pellicola maggiormente proiettata nell’intera storia del cinema. Il merito sicuramente più grande fu di rendere il musical (e di conseguenza anche il film) interattivo. Chi ha assistito ad una rappresentazione teatrale di una qualunque compagnia, dalla Compagnia della Rancia al London Musical Theatre, sa che in alcuni momenti il pubblico deve partecipare attivamente alla storia con oggetti o semplicemente gridando all’unìsono: “who?”. Fermo restando che il primo vero tributo da pagare se si vuole assistere allo show è vestirsi come uno dei personaggi: calze a rete strappate, vestiti neri, trucco pesante, chioma scapigliata, tutto quello che serve per partecipare ad un rito horror-kitsch. Fidatevi, è un’esperienza, non freschezza inettitudine. Viva la libertà, fori dal mondo i catoni!



Oh! Ma che Grinta!

Un primato che la dice lunga sulla sua capacità d'irrompere lo stagnante e viscido immaginario televisivo e filmico, a scapito dei suoi detrattori. Potrà pure fare schifo, ma indifferenti, di fronte al"Rocky", non si rimane. E comunque, lasciatemi scrivere che non è scandaloso il "Rocky Horror", come molti van dicendo, ma è immorale quanto indecente che in così pochi lo conoscano. Confusi nella polvere lasciata dal decollo e striscianti sulla superficie della terra, degli insetti, chiamati 'la razza umana'. Persi nel tempo, nello spazio e nel significato". È con queste ultime parole che il criminologo narratore delle vicende di Brad e Janet, pone fine alla storia, nel suo ufficio, chiudendo il fascicolo che regge in mano. Nulla fu più come prima. Ma com'era prima? Era "un mondo diverso, ma fatto di sesso, chi vivrà vedrà!". Rino Gaetano, appunto, ad appena 28 anni ce lo spiegò, ma noi per nulla attenti alle avanguardie di raffinato timbro, la prendemmo come una canzonetta alla Little Tony, mentre avevamo di fronte un genio.