venerdì 25 marzo 2016

Notti d'ospedale

Di notte,
il dolore       è più gonfio
       

Il sonno è un grande  alleato per un malato
        di Matteo Tassinari
Alle due di notte fisso il soffitto e ascolto i lamenti dei malati che riempiono le stanze. Il mio amico di camera dorme di un sonno stanco e gravoso da sopportare. Lo guardo e vedo un bagliore di luce, nel caso che qualcuno dovesse andare in bagno. E penso: lui adesso non c'è, quindi non esiste, neppure la sua malattia, quindi il sonno è annientamento del dolore. Dormire è come scomparire. Le cose non è che svaniscano, si tramutano. Spesso in visoni oniriche, ma per quel che mi basta, mi va bene anche così. Dormire è uccidere le proprie dolenze, fitte, e dolori alle ossa. Dormire è stare in silenzio per un poco pensando a come sarà. Diventa il privilegio dei sentimenti, il dormire. Ogni dispiacere s'eclissa, l'angoscia si dissolve in qualche atollo satollo privo di controllo, come un pollo col torcicollo senza scavezzacollo. Certo, non è uno stato di gioia e non si può parlare di perfetta letizia, rimane pur sempre tristezza e tormento, ma il sonno (i sogni non li ricordo mai) è un grande alleato per un malato. Un anonimo ha scritto:"La sofferenza è un'istante la bellezza della vita, è infinita". Buona guarigione, allora. Ma io non posso migliorare, posso solo peggiorare.
E allora, con la forza di mille agonie, cerchi, ti sforzi, scoreggi, dai di vomito, pensi che il dolore è un dono di Dio che ti vuol  fa capire questioni che altrimenti avrei ignorato, vivendo una vita approssimativa ed epidermica, costituita su di un livello troppo superficiale, a me non sarebbe bastato. Il Mistero della vita, non è più un quesito apocalittico, una domanda confusa, babelica, fumosa, appannata, insipida. Il suo profumo, ora, è una delizia al culmine della sua bellezza, perché non ho trovato risposte certe ma speranze vive, se nonchè ignorate. Il dolore è l'apice della sapienza e dei saperi autentici. 
E' difficile capire il supplizio di un volto che recita un malato di aids in un ottimo film, l'avverti e lo senti fino in fondo, fino a poter capire che l'accrescere il proprio sapere, equivale, aumenta il dolore. Ve l'assicuro come'è vero che dopo vorrei parlarvi di ravanelli. Tanto sono tutti bravissimi nel saper offrire consigli al dolore che non provano, ognuno ha la pretesa di soffrire molto più di tutti e magari sta benissimo, evidenziando un "cancro" trasversale: tra gli animali, l’uomo è il più crudele. È l’unico a infliggere dolore per il piacere di farlo.





La malattia, è il business più grande 
della nostra macro-economia

Ma la notte abbonda  
la sua consistenza desolante con le sue freddezze e scheletriche immaginazioni. Tutto quel che ci circonda si dilata proprio quando un gemito si fa spazio fra i corridoi illuminati a neon spenti, gremendo spazi vuoti dove corrono le emergenze, perché è di notte che il tormento alza il volume dell'odissea e di notte il calvario fa più paura, non so perché.... Non so quanto tempo passa, che avverto l’amicizia del water. La prostata fa il suo lavoro, mentre impiego qualche minuto per arrivare ad espellere l’ultima goccia possibile d’urina dalla vescica, un lavoro assai impietoso per quello che m'invento di fare per raggiungere lo stimolo e espellere un poco di liquidi.
 Non si scappa
Questi sono gli orgasmi rimasti in un periodo affannoso per quanto difficoltoso. Ma la notte in ospedale non scema affatto le sue mestizie, semmai le aggrava, le allarga fino ai ponti dell'acutizzazione di ogni singola particella corporea malata rafforzando la pressione che il dolore complessivo provoca. La rafforza, l'ingrossa, l'addiziona, l'incrementa senza alcuna spiegazione se non vacua. A volte penso: chissà come moriva la gente prima dell’invenzione di tante malattie? Mi accontento del pensiero di Louis Pasteur: "Noi beviamo, mangiamo o respiriamo il 90 per cento delle nostre malattie". Ha ragione, non si scappa.
Sono le tre...

Quando parte imperturbabile il prurito mai domo su tutto il tessuto corporeo dovuto ad una forma di Vasculite a causa della riattivazione del sangue, prendo la spazzola comprata in ferramenta con setole coriacee per assicurarmi un deciso quarto d’ora di pace pur sapendo che un quarto d’ora dopo il prurito tornerà presentandosi con forme di bruciore e prurito. Il sangue, come saprete, va dovunque. Il corpo intero è interessato, dunque.
Gli piace così, girare a zonzo, da una vena a un'arteria, da un tessuto ai suoi vasi. Solo che grattarsi al centro della schiena, bisogna essere artisti autentici e io ci riesco perché ho le braccia lunghe e la schiena pure, per una lunghezza di 185 cm. La stamina viaggia dappertutto alla stessa velocità di una qualsiasi connessione Internet senza intoppi. È la vita. A volte credi che due occhi ti guardino e invece non ti vedono neanche. A volte credi d'aver trovato qualcuno che cercavi e invece non hai trovato nessuno. Succede. E se non succede, è un miracolo. Ma i miracoli non durano. L’uomo può essere il capitano del suo destino, ma anche vittima della sua glicemia.
Nivea a volontà
Gratto. Gratto. Gratto, ma mi accorgo però che la cute che gratto non è più prurito, ma è diventato bruciore. Basta. Appoggio la spazzola sul comodino, altrimenti va a finire che compare il sangue emi tocca chiamare una infermiera. Con una spugna passo sul corpo acqua fisiologica e un pizzico di bicarbonato, i rimedi della nonna... cercando di lenire le parti più lese per poi darmi un poco di Nivea.
Del resto, il rapporto che ho con le creme, da il senso d'accesso alla solitudine, mentre una malattia immaginaria trovo che sia peggiore di una vera malattia. Continuando nel mio casino mentale, arrivo a pensare che ci sia tanta salute nella malattia, com'è vero che non è il medico ma un altro malato che riesce a capire la sofferenza di un altro malato.
Gli antistaminici 
sono acqua 
fresca. Solo il Cortisone metterebbe a tacer tutto, ma a causa di effetti collaterali talmente insopportabili che preferisco tenermi il prurito rinunciando al Cortisone e i suoi fuochi d’artificio. 
Passa il tempo. Non so quanto, intanto la scienza si consulta mentre il paziente può solo sopportare. 
Fu per questo, forse, che Sigmund Freud una volta disse: "Non si muore perché ci si ammala, ma ci si ammala perché fondamentalmente bisogna morire". Nulla di originale...
Un po’ dormo,
un po’ no.
Nel mezzo notturno, mangio un’arancia. Sono le quattro di notte o forse solo le tre e penso a Bowie e capisco ancora più profondamente che una generazione, con lui, se n’è andata per davvero. Penso a Gesù, l’unica risposta a tanta tribolazione. Pensieri anarchici, bakuniani, contestatori, ribelli e sovversivi, che sfiorano le meningi a 38 di febbre. Dormo un’oretta forse più.
La    sapienza
dei    malati
Sono le cinque e mi aspetto da un momento all’altro le luci del mattino e penso che tra un’ora, decisa, entrerà un’infermiera a prelevare un po’ di sangue da me e dal mio amico di camera, per vedere a che punto stanno i cd4 e la Viremia, e penso che gran parte di quello che i medici sanno è insegnato loro dai malati, consapevole del fatto che il miglior medico è colui che con più abilità sa infondere la speranza.
Diceva Jannacci, medico pure lui: "da medico ragiono esattamente così, la vita è sempre importante, non soltanto quando è attraente ed emozionante, ma anche se si presenta inerme e indifesa".
Come ho sempre pensato, ogni medico dovrebbe essere ricco di conoscenze e non soltanto di quelle che sono contenute nei libri, ma i suoi pazienti dovrebbero essere i suoi libri. In buona sostanza, la malattia è un conflitto tra la personalità di entrambi e le loro anime. Non solo. Si arriva, col passar degli anni, e decenni poi,  senza fare stupide e odiose apologie al suicidio, a pensare che la morte può essere una fonte di liberazione da una situazione che sai non potrà mai avere miglioramento, solo peggioramento.
Dallas Buyers Club: Matthew McConaughey dimagrito
e pallido nei panni Ron Woodroof, un malato di Aids
 Flebiti e farfalle
Mi metterà la “Farfalla”, un ago che s’infila nel braccio per non forare troppe volte la pelle e avere una via d’accesso costantemente pronta per gli aghi da dove passa tutta la chimica. E’ un condotto che mi porto attaccato alla perfezione al braccio per quattro o cinque giorni, per poi cambiarlo affinché non infetti la vena in questione. Che invenzione fantastica la “Farfalla”. Se non ci fosse saremmo pieni di flebiti, noi uomini spaventati. E quasi l’alba e l’infermiera di turno sta per iniziare il suo pellegrinaggio lungo la corsia. Eccola. Prima di vederla, vedo la luce al neon dell’anticamera, affinché troppa illuminazione non ci crei fastidio per noi esseri dormienti e stanchi di mille tempeste dove si sono persi senza domande. 
Buona notte a tutti
BUONGIORNO! E’ il caloroso saluto della nostra amica infermiera risposta è un po’ più sonnolenta e ciancicata. Si sente appena, impasticciata quanto mescolata a chissà quali sogni e speranze. E’ partita la giornata di un reparto per persone con malattie infettive e anche di più. La giornata passa, ritorna la notte, la storia e circa simile a quella precedente. Buona notte, ricomincia il calvario dopo una notte di merda e un giorno uguale.