domenica 20 luglio 2014

Rimbaud, monarca del delirio


tutto finì con un effluvio di profumi

esplorando
l'ignoto

Non appena l'idea del Diluvio si fu seduta, sconosciuto al di fuori dell'avanguardia al momento della sua morte, Arthur Rimbaud (1854-1891) è stata una delle personalità dall'influenza più distruttiva e liberatoria sulla cultura del ventesimo secolo, appena quando il sigillo di Dio fece livide le finestre e il sangue col latte scorreva.
Fu il primo poeta a concepire un metodo scientificamente plausibile per mutare la natura dell'esistenza, il primo a vivere un’avventura omosessuale come modello per un mutamento sociale e il primo a ripudiare i miti dai quali la sua reputazione ancora dipende Rimbaud che aveva necessità di sentieri aspri, corridoi bui, colline che si ricoprono di ginestre, aria immobile, umidità a mille, vento cangiante, dove lontani sono i movimenti graziati delle fanciulle e le fonti per abbeverarsi con ampia tranquillità. Non può esserci che la fine del mondo poco più in là. I pericoli che spaventavano i viaggiatori e commercianti, non spaventavano Rimbaud, il quale il scriveva di avere l'intenzione di lasciare entro breve quei posti malsani per "esplorare l'ignoto" e capirne il perché.
C'è un grande lago a qualche giorno di distanza e sulle sponde di quella pozza d'acqua c'era un Paese noto, Vill de Limoert pieno d'avorio". Le imprese del giovane poeta in grado di comandare vascelli grandi come grattacieli stesi nell'acqua con a bordo 100 uomini, iniziarono a girare il mondo. L'abbandono dell'attività poetica da parte di Rimbaud alle soglie dei ventanni, causando una costernazione più duratura e diffusa di quella determinata dallo scioglimento dei Beatles.

"Invito al viaggio" 
Charles Baudelaire (Parigi 1821–1867) poeta, scrittore, critico letterario e d'arte, giornalista, aforista, saggista, traduttore francese, è considerato uno dei più importanti poeti del XIX secolo, esponente chiave del simbolismo, affiliato del parnassianesimo e grande innovatore del genere lirico, nonché anticipatore del decadentismo: “Vedi sui canali, Vascelli addormentati, D'estro vagabondo" da Baudelaire "Invito al viaggio" in I fiori del male. Per soddisfare ogni tuo desiderio, Vengono dai confini del mondo”. Les Fleurs du Mal, il titolo di quest'opera riassume a pieno l'idea di bellezza propria del poeta francese. I fiori del male, la sua opera maggiore, è considerata uno dei classici della letteratura francese e mondiale.
Assenzio, la “fatina verde”, la compagna di vita, la Ofelia dei nostri sogni, il fermarsi del dolore, la dolcezza di una madre che piange per la gioia, la stessa gioia che rivivi dentro te, stessi sensi di delirio, morte, paura, era la bevanda preferita dei poeti e degli artisti maledetti di fine ottocento. Quel liquido torbido e verdognolo in cui far sciogliere a poco a poco una zolletta di zucchero incendiata su un cucchiaino e l'Artemisia Pontica Gentile, sprigionerà quella sensazione di pacatezza in tutto il corpo, fino alle punta dei piedi e all'ultimo sogno desiderato.
Da Baudelaire
agli    oceani
Persino a metà del 1885, quando i decadenti francesi lo stavano acclamando come un "Messia", era già a svariate reincarnazioni rispetto al suo punto di partenza. Aveva viaggiato per tredici differenti paesi e vissuto da operaio, precettore, mendicante, portuale, mercenario, marinaio, esploratore, commerciante, contrabbandiere, cambiavalute e, secondo il punto di vista di alcuni abitanti dell'Abissinia meridionale, profeta musulmano. Rimbaud percorse per essere percosso, tutto come una meteora impazzita. Tutto il cammino che portava da Baudelaire al simbolismo, colto nella sua fase decadente e moribonda, e ai presentimenti del surrealismo.
 ASSENZIO
Nel frattempo, Rimbaud e Verlaine lasciarono Bruxelles, città all'epoca culturalmente molto fervente, e dopo un nuovo girovagare nel nord del Belgio, raggiunsero Ostenda, dove per la prima volta Rimbaud vide il mare. Imbarcatisi per l'Inghilterra, sbarcò a Londra, altra città che accoglieva molti rifugiati della Comune, una sorta di associazione a cui venivano iscritti all'albo della polizia, in realtà era gente che rubava le galline per fame, direi che loro fossero dalla parte del giusto, i ladri! Rimbaud, su indicazione del pittore Félix Régamey, andarono ad abitare nella stanza appena lasciata libera da Eugène Vermersch in Howland street, a Soho, il quartiere che ci voleva per uno che ero prontissimo a nuove esperienze e Soho era la fumeria d'oppio di Londra. Rimbaud, non ci mise molto a frequentarle e forse abusarne. Verlaine andava avanti di Assenzio, un liquido alcolico ma, se bevuto in dose forti, può dare seri problemi.
"Le luci di Marsiglia non arrivano mai, la gamba brucia, ci vuole più morfina"





Arthur è in     gran parte
responsabile
di quello che oggi consideriamo un artista ribelle, poeta della rivolta, ebbe a dire Albert Camus. Durante i passaggi più sigificativi della sua vita, pare di cogliere un sentimento profondo nobile e malato, come dovesse espiare una colpa nei confronti dell'esistenza o che, addirittura, un'entità avesse fatto del suo destino il percorso per donare al mondo un messaggio. "I suoi versi? E' molto tempo che la sua vena tace; suppongo persino che non si ricordi assolutamente più d'averne scritti!", con tono sarcastico.Le poesie che si è lasciato alle spalle come bagagli indesiderati risultarono bombe ad orologeria dal punto di vista letterario. Prima fra tutte il “Battello ebbro”, l’enigmatico sonetto “Vocali”, “Una stagione all'inferno”, la prosa delle “Illuminazioni” e alcuni capolavori stranamente non famosi, come la proustiana “Memoria” e le parodie oscene,  prefreudiane dell’”Album della Malora”. Pochi letterati dell'epoca trovarono in lui ciò che poi la letteratura decretò, anche se, il Primo, Charles Baudelaire, lo descrisse come il poeta ancora non corrotto da salotti parigini e pizzi di Marsiglia. Un vero genio, che lasciò in pochi anni, la sua impronta. 
Poeta  Beat

mito    rock
Nella sua carriera postuma come simbolista, surrealista, poetabeat, studente rivoluzionario, paroliere rock, antesignano gay e tossicodipendente ispirato, Rimbaud è stato considerato da quattro generazioni di avanguardie come un’uscita d’emergenza dall’edificio della convenzione. “Tutta la letteratura conosciuta”, secondo Paul Verlaine, “è scritta nel linguaggio del senso comune, tranne che nel caso di Rimbaud”. Può sembrare ironico che gli esperimenti cui Rimbaud fa riferimento come alla sua “alchimia del verbo”, suffragando l’idea che i testi letterari dovrebbero essere studiati in isolamento clinico dal disordine non professionale della vita.
Sregolamento
dei sensi tutti
L’influenza più spettacolare, Rimbaud l’ha esercitata su scrittori, musicisti e artisti che hanno considerato la sua vita parte essenziale dell’opera, da Pablo Picasso, André Breton, Jean Cocteau, Allen Ginsberg, Bob Dylan e Jim Morrison, che si è talvolta detto avesse simulato la sua morte a Parigi e seguito Rimbaud in Etiopia. A differenza di così tanti antieroi rispettabili nel privato, Rimbaud condusse una vita esemplare. La lista dei suoi crimini noti è svariate volte più lunga dell’elenco delle poesie pubblicate da Rimbaud stesso. Tra la sua prima fuga a Parigi (1870) e l’ultimo segnale d’interesse registrato verso la sua stessa poesia (1875), i testi più lunghi della sua corrispondenza sono costituiti dalle lettere nelle quali descriveva il suo progetto di divenire un “veggente” per mezzo di un lungo, immenso e ragionato "sregolamento" di tutti i sensi e dalle deposizioni rilasciate alla polizia di Bruxelles dopo esser stato ferito dal suo amante, il poeta Paul Verlaine.
Paul Verlaine, Arthur Rimbaud, Léon Valade


"Il primo studio dell'uomo che voglia esser poeta, è la sua propria conoscenza intera. Egli cerca la sua anima, l'indaga, la scruta, l'impara. Appena la sa, deve coltivarla. La cosa sembra semplice. In ogni cervello si compie uno sviluppo naturale. Tanti egoisti si proclamano autori, poeti, ce ne sono molti altri che si attribuiscono il loro progresso intellettuale quando affastellano solo termini alati e vuoti d'ogni consistenza!". Sembra che parli della marea di poeti on the Web, come non notarlo! Un esplosione d'illusi che ogni tanto, per tirarsi su il morale per poi ritrovarselo ancora più a fondo per il risultato ottenuto e assai blando e falso".












 "Stagione all'inferno"
Per quanto concerne moralità e talento, Rimbaud, fra i 15 e i 16 anni, era un mostro di lucidità e chiarezza. Scriveva poesie come nessun altro riusciva, ma le sue opere sono ripugnanti quando non erano folli. Si può dire che Rimbaud sia stato il più grande e integrale interprete poetico della crisi nichilista e, come molti autori dei tempi di crisi, è caratterizzato da una potente ambiguità, che permetterà infatti interpretazioni divergenti della sua poesia.
Basti pensare che Paul Claudel potè leggere nella "Stagione all'inferno" una sorta di inconscio itinerario verso un dio sconosciuto ma necessario, mentre tanti altri vi hanno scorto il supremo momento negativo di tutta una cultura, culminante nella consapevolezza dell'inutilità della tradizione e nel suo radicale ripudio. 
Fra le più rilevanti e più fertili prove dell'ambiguità della poesia di Rimbaud e, al limite, di ogni poesia, sta appunto il fatto che questo componimento lirico, di distruzione, si sia tradotta in una stupenda vena creativa, che la sua istanza di libertà contro ogni istituzione (compresa la letteratura) si sia verificata in un grandiosa proposta di liberazione attraverso la poesia. 
Illegale      e immorale
Braccato da una crudele imponderabile fatalità, ma adesso io sono condannato ad errare, legato ad un'impresa lontana, inseguito da un'ansia perenne che non riusciva a concedersi ad attività meno rischiose e più redditizie, ma lui dei soldi, nisba. Camminava, camminava e la gamba gli tremava nonostante gl'impacchi di Tiglio e Alloro. Altra Morfina. La mentalità di Rimbaud era quella di accettare la sofferenza, ma non per questo non combatterla con ogni mezzo, anche chimico o droghe che siano. Sempre compiendo tragitti inimmaginabili in condizioni terribili talvolta, imbastendo trame commerciali che ogni volta gli si disfacevano tra le mani: "Fra due anni, fra un anno forse, sarò a Parigi", Rimbaud continuo il suo viaggio verso la notte, ciò che lo attira di più e ciò che lo attira di più è spesso illegale e immorale, secondo le leggi della umane e il pensare di allora. Con un battello ebbro girò tutta l'Africa due volte, arricchendosi con il commercio degli schiavi, cosa che più che altro gli piaceva. 





Da allora i giudizi su Rimbaud sono stati quasi tutti estremi



















Jugements 
Historiques
*"Una mente angelica che era quasi certamente illuminata da una luce celestiale" (Paul Claudel)
*"L’iniziatore dei ritmi della prosa moderna e la base dalla quale hanno avuto origine tutte le meditazioni del genere" (Edith Sitwell)
*"Uno spirito del più alto rango nel corpo di un fanciullo vizioso e terribile" (Qacques Rivière)
*"Un autentico dio della pubertà" (André Breton)
*"Il poeta di una civiltà non ancora nata" (René Char)
*"Un degenerato, mentalmente superiore, con la complicazione aggiuntiva, nei periodi di creazione letteraria, di deliri tossici" (Dott. E. Jacquemin-Parlier)
*"Uno psicopatico costituzionale" (Dott. J. H. Lacambre)
 *E volersi far male al punto di finire, lui, mercante d'armi fra l'Egitto e la follia (Roberto Vecchioni)
*"Il primo poeta punk" (io)
Non mi prendevo cura del suo l'equipaggio,
Portavo grano fiammingo o cotone inglese.
Quando coi miei trainatori finirono i clamori,
Mi lasciarono libero di discendere i Fiumi































Terreno         fertile
      fantasie       e illusioni
Il primo uomo che abbia mai fatto una forte dichiarazione in favore della liberazione delle donne, affermando che quando le donne si saranno liberate dalla lunga schiavitù degli uomini, esse realmente proromperanno. Nuovi ritmi, nuove poesie, nuovi orrori, nuove bellezze disse di lui Patti Smith in una delle sue canzoni in formato poesia. Come alcune di queste citazioni suggeriscono, la poesia di Rimbaud non è solo un potente stimolo mentale. Offre anche un terreno fertile per fantasie e illusioni. Il più grande demistificatore della letteratura e della società borghesi è stato soffocato nel mito. Ancora adesso lo sterminato confabulare di Internet continua a diffondere leggende su Rimbaud più rapidamente che mai, associandolo a più recenti vagabondi e visionari come Bruce Chatwin e Kurt Cobain. Il tono reverenziale è stato impostato subito dopo la morte di Rimbaud.
Il 10 novembre 1891 moriva a Marsiglia Arthur Rimbaud. 120 anni dopo quella morte prematura (il poeta aveva 37 anni, gli stessi di Leopardi) il 10 novembre 2011, Patti Smith, cantante rock emblema di una generazione (e forse due) gli dedicò un concerto proprio nella sua città natale, Charleville.

                    La potenzialità


















dell'innocenza
Disgustata dal  vedere suo fratello ritratto nei giornali come un osceno terrorista omosessuale, Isabelle Rimbaud, sua sorella, si dedicò al compito di mondarne la reputazione: “Come è possibile” si chiedeva “che un ragazzo tra i 15 e i 16 anni possa essere stato il genio maligno di Verlaine che era più grande di undici anni?”. L’agiografia redatta da suo marito, Paterne Berrichon, che fu quasi sul punto di intitolare La Vie charmante d’Arthur Rimbaud, viene derisa, ma resta autorevole. Il passato coloniale divenne un pretesto per la nostalgia e il volto di Rimbaud fu cancellato fino al prepuberale spazio vuoto del Tintin di Hergé, protagonista del fumetto belga, che esibisce la sua falsa innocenza in un mondo di indigeni astuti. Per molti lettori (incluso chi scrive) la scoperta della poesia di Rimbaud costituisce uno degli eventi decisivi dell’adolescenza.
Casa Rimbaud a Charleville


Fumeria d'oppio, dove Rimbaud era abitudinario


   A  differenza
   di altri   fatti
analoghi, non sembra richiedere una perdita d’innocenza, ma la presa di coscienza che l’innocenza ha molte più potenzialità di quanto in precedenza supposto. Tali lettori inevitabilmente hanno interesse nel mantenere Rimbaud giovane e forse, come Evelyn Waugh, lascia intendere nell’incipit de “L’inviato speciale”, la vita oscena e di una profonda grazia e umanità all’eccesso, al punto che Rimbaud non rappresenta un soggetto per adulti, come molti hanno vergato con la loro bislacca penna. Ancora giovane, John Courreney Boot, come proclamava il suo editore, aveva “raggiunto una posizione sicura e invidiabile nel mondo letterario contemporaneo”. Aveva pubblicato otto libri, cominciando con un’autobiografia biografia scritta all’età di diciotto anni e concludendo, per il momento, con “Perdita di tempo”, un resoconto, deliberatamente in tono minore, di alcuni durissimi mesi trascorsi fra gli indiani della Patagonia a fumare oppio a più non posso. 

Arrembaggio all’Africa
E' un capitolo importante nella storia di ciò che si è soliti chiamare the scramble for Africa (l'arrembaggio all’Africa). Retrospettivamente, illumina anche la sua opera. Come tutti i grandi poeti Rimbaud era un brillante manipolatore. Chiunque legga in primo luogo le sue poesie come l’oracolare ruminare di un veggente visionario naturalmente ispirato, può solo approfittare della notizia che, a parte Victor Hugo, nessun poeta francese della fine del diciannovesimo secolo ebbe maggior impatto sulla politica imperiale o guadagnò più soldi di tutti in questa sua attività scanzonata e priva di note.

Per     Rimbaud,
i soldi erano relativamente importanti. Se servivano andava a prenderli dov'erano, e senza chiedere scusa. Lui voleva colpire al cuore, e affondarla, la cultura abbiente, benestante, ricco, conformista, conservatore, perbenista, tradizionalista, angusto, chiuso, gretto, meschino, ottuso, retrivo, retrogrado, ristretto, anticonformista e per fare ciò bisognava essere muniti di un feroce senso rivoluzionario. Bisognava essere in continua lotta contro noi stessi, non è facile. Il poeta della cittadina di Charleville, nelle Ardenne, aveva rifiutato il mondo borghese fino a sfidarlo col martirio dell’abiezione morale e sociale, accettando d'inserire il suo destino e il senso della sua vita, l’origine della caduta. Il dramma e la crisi di Rimbaud non portano tuttavia testimonianza sul cristianesimo né, pascalianamente, sulla miseria dell'uomo senza Dio, ma sulla miseria dell’uomo dell’Ottocento in lotta, da solo, contro la civiltà clerico-borghese. Se questa può essere la struttura della crisi, la Saison è anche una grande opera romantica nella quale i temi più importanti sono resi con un’immediatezza perfetta.
Scritti di Arthur Rimbaud


Le regressioni arcaicizzanti
nell’incontaminato



Come nelle “Illuminazioni”, Rimbaud mitizza la propria avventura di ammiratore del forzato, dell'infranto, del teatrale, del mendicante, di tutti gli amici morti in circostanze assurde o brutalità bestialità. Si costruisce una leggendaria genealogia di violenza, di pigrizia, di perversione e, concretando sempre gli impulsi e le ossessioni, incarna splendidamente nel tema del bruto e del pagano la sua volontà di sfuggire e trovare aderenza alle regressioni arcaicizzanti nell’incontaminato. Annientare la coscienza dolorante, risalire anche al di la dell’infanzia “favolosa” per ritrovare il nulla della pura animalità. La dicono bene le biografie di coloro i quali partirono alla ricerca di Rimbaud, e tentarono persino di vivere la sua vita, per giungere alle stesse conclusioni dei racconti romanzeschi dei biografì da scrivania o dei pirla avventurieri in cerca di eroi. Le guide ai viaggi di Rimbaud appartengono a un sottogenere a parte. Le migliori, come le meditazioni negromantiche di Alain Borer o l’omaggio più audace, lirico di Charles Nicholl, Somebody Else, sono a disposizione di tutti per conoscere meglio lo scapestrato personaggio che ventenne affrontava i pericoli della vita come mangiare tartine al salmone e burro. È troppo facile rimanere attaccati alle vecchie immagini e idee quando la mente è occupata con manuali di conversazione, orari, reti contro le zanzare e pastiglie disinfettanti per l’acqua, antidolorifici per il cancro alla gamba. Niente può sostituire il brutale impatto delle informazioni visive. 
Verlaine e Rimbaud in fumetto


Nella stanza degli   specchi della reputazione

di Rimbaud esistono per lo meno tanti Rimbaud quanti sono i personaggi delle sue opere. Come gli studiosi continuano a dimostrare, con una media di migliaia di pagine scritte l'anno, la sua poesia non è l’equivalente letterario di un concerto dal vivo, ma un corpus complesso, ambiguo in modo quasi patologico. A differenza di molti dei suoi contemporanei Rimbaud, non è ricordato per quelle arguzie morali che suscitano un generale consenso, ma per gli slogan enigmatici che danno luogo a una grande varietà di interpretazioni: “La vera vita è assente”. “Io è un altro”. “L’amore dev’essere reinventato”. “Eccolo, il tempo degli Assassini”, che Henry Miller associò al caos millenario e alla guerra nucleare e “un ragionato quanto sapiente sregolamento di tutti i sensi". La sua attività anarchica, la sua relazione bizantina e tortuosa con Verlaine, le sue esplorazioni e le spedizioni per il contrabbando d’armi e di schiavi, i suoi rapporti economici sporchi, politici e religiosi con le società di schiavi del Corno d’Africa, le immense quantità d'avorio e di schiavi.
Quando si
 conosce     bene  
l’anima di Rimbaud, il rischio è quello dell’imitazione. La pistola di Verlaine ne sa qualcosa quando si trovò nella sua traiettoria. Un proiettile assai borghese, corse verso l’antiaristocratico che voleva mutare sangue blu in sangue rosso, denso colante dalle vene spezzate. Il rimpianto è che non sia durato il doppio, anziché 37 anni. Rimbaud smise di scrivere poesie, ma poche persone, avendo imparato ad apprezzarlo, smetteranno di leggerlo. La sua produzione era legata alla visionaria realtà, necessitava di ripetuti colpi allo stomaco, per lui era vita là, dove si amava, si odiava, SI VIVEVA!
Splendido, Arthur

Viveva così per   semplice misantropia e rimpianto per aver sprecato la propria esistenza. Ovvero per aver speso il suo tempo a lamentarsi del suo destino, trovando tutto ciò che lo circondava ignobile e disgustoso. Rimbaud non era affetto da una forma patologica di paranoia. Per uno che non perdonava mai se stesso, insultare gli altri costituiva una specie di svago. I ritmi delle sue giornate possono essere meglio colti attraverso una lettura attenta della sua corrispondenza, con le sue false partenze e i suoi ritorni improvvisi, giusto per portare scompiglio in un bordello di checche tra cui Paul Verlaine. Ogni lettera sembra scritta tra un romanzo incompiuto e l’altro. Il suo mantra, “Sono in partenza”, sembra un inizio o una fine in attesa del resto della storia. Era questa la stessa insistente indolenza che aveva alle sue chansons il loro particolare impulso. “Non conto di restare a lungo a Aden”, “Se parto, e conto di partire, sarà per ritornare all’Harar, o scendere fino a Zanzibar”. “Fra un mese, sarò di ritorno all’Harar o in viaggio per le acque delle Antille. È probabile che io riparta tra un mese o due. Conto di partire alla fine dell’anno, per il continente africano”. Questo era Rimbaud, un giovane ragazzo accorto e avveduto, più il clima era malfamato più il suo guizzo era pronto alla riscossa. Era il suo temperamento da cui traeva la potenza dei suoi versi.
Il goffo tentativo di prendere il volo, è il leit motiv dei testi rimbaudiani


Verlaine a        Montmartre,
in rue Nicolet

Invertire    i vocaboli, ribaltare i sentimenti, rovistando un’altra lirica con assassini scellerati, teppisti sciagurati, farabutti disonesti e uccelli di rapina scelse per combriccola, una brigata di manigoldi e figli di puttana che formavano un codazzo di filibustieri sempre pronti ad ogni terremoto. Quella voglia di annientarsi per non darsi tregua, di non darsi addirittura, per cucire altre ferite, mercante d’armi con spola fra l'Egitto e il delirio a soli 25 anni, ed una negriera grassa e tonda quanto una boa di mare.
Poi la gamba e l’agonia gl’impediva di dormire. “Bisogna farla finita” era il suo unico pensiero. Arrivato a Parigi il 24 settembre, Rimbaud fu ospitato nella casa dei suoceri di Verlaine a Montmartre, in rue Nicolet, dove il poeta, alcolista e con alcune esperienze omosessuali nel recente passato, viveva allora con la moglie Mathilde Mauté de Fleurville (1853-1914), in avanzata attesa del loro primo figlio. Il 30 settembre Verlaine lo presentò ai Vilains Bonshommes, un circolo di poeti parnassiani. Rimbaud impressionò gli astanti: per Léon Valade, quel poeta terrificante dalla faccia da bambino selvaggio più che timido, affascinava o spaventava con i suoi stupefacenti poteri e la sua depravazione.
Rimbaud in punto di morte


Alle 6 morì


di un giorno del   1891, Rimbaud, nonostante un cancro alla gamba, partì da Harar in preda al dolore. Raggiungere la costa avrebbe richiesto dodici giorni di cammino attraverso quelle montagne in cui, dieci anni prima, la sua vita aveva improvvisamente trovato uno scopo. Gli appunti di Rimbaud sul suo viaggio verso la costa suonano come l’ultimo chiodo apposto sulla bara della scrittura di viaggio romantica, più vicini a Samuel Beckett che non a Lord Byron. Un'immagine cara, alla dottor Livingstone, di un poeta strascinato da indigeni affezionati in un tramonto dalle tinte tenui. Durante i tredici giorni della durata del viaggio, i capitribù gli si avvicinarono piangendo, implorandolo di tornare presto. La descrizione di Rimbaud è invece un’incisione oscura con brevi lampi di genio allo stato del diamante rosa, quello grosso quanto una noce con una potenza di luce psichedelica. Furono giorni da liquidare, ma le luci di Marsiglia non si vedevano mai all’orizzonte e quella gamba era sempre più martoriata.
La sacerdotessa 


I dottori    lo dichiarono
guarito mentre di notte giaceva sveglio a letto, ascoltando i ladri nelle stanze di sotto. Per dire il vero Rimbaud non credeva nemmeno un poco ai camici bianchi e alla sua presunta guarigione, e aspettava qualche esplosione nel corpo. Questa insonnia lo fa temere di dover sopportare qualche altra malattia. Pensava con terrore all’altra gamba, il suo unico sostegno al mondo. Il suo destino era quello di diventare un tronco senza gambe. “Ritornerò, con membra di ferro, pelle scura come negriero, e sguardo furibondo rivolto a chi gli faceva pompini e il coro tragico dei pettegoli". Gemeva di dolore da voler morire al più presto, delirava e bestemmiava fino a notte fonda con quell’accento francese che non sembravano neanche bestemmie. Sicuramente per Dio non lo erano.

Le      infermiere avevano     smesso
di cambiargli le lenzuola del letto, perché qualsiasi movimento gli causavano dolori. La gamba sinistra era fredda e una delle palpebre si era abbassata, Soffriva di palpitazioni e di stitichezza. Cose orribili gli capitavano quando calava il buio. Nel suo stato di follia pura dovuta dal dolore, Rimbaud inizia ad accusare gli infermieri e le suore di cose abominevoli e che non possono esistere. Probabilmente, nella sua estrema confusione accumulata, aveva slacciato ogni attracco a qualsiasi porto mentale, e viaggiava immerso nella sofferenza come un delfino farebbe in una pozza di petrolio. Rimbaud sapeva che non sarebbe mai guarito. Rimbaud sapeva che anche a 37 anni si può morire, sapeva che si nasce tutti pazzi e altri ci restano.
Come ha scritto Henry Miller, imparare a leggere Rimbaud,
significa leggere il linguaggio dell'anima
Lo Shakespeare
in erba morì nel 1891
L’unica consolazione per Rimbaud, a quel punto, era una calda e distensiva iniezione, preferibilmente notturna, di morfina. Talvolta nel delirio chiamava sua sorella Djami. In una vita così piena di tutto seppur assai breve, le ultime parole del poeta sono una reliquia straordinaria. Il 9 novembre del 1891 egli dettò una lettera ad Isabelle. “Cara sorella, oggi desidero di smetterla di pensare alla morte. Sono completamente paralizzato, ma almeno sono in un ospedale di Parigi dove mi accudiscono e un piatto di minestra non manca mai". Lo Shakespeare in erba, come lo definì Victor Hugo, morì la mattina del 10 novembre del 1981.