Bertolucci Brando Schneider: Ultimo tango a Parigi |
Gli anni Settanta, cinematograficamente parlando, si aprono sotto il rivoluzionario segno zodiacale del '68. E questo non ho mai capito se sia stato un bene o un male. Comunque l'America intera autodistrugge i suoi miti del West Soldato blu, Piccolo grande uomo e consuma Fragole e sangue. Quel mondo, da cui è poi scaturito il patrimonio del cinema degli Usa degli anni Sessanta, rimane smitizzato per abbracciare futuri scenari da febbre del sabato sera, un film tratto da una pseudo-inchiesta giornalistica di un quotidiano newyorkese sulla vita notturna delle comunità povere metropolitane di quel periodo.
L'Inghilterra
tuona
sulla violenza
del Medioevo
prossimo venturo col preannunciante Arancia meccanica e l'Italia si fa bella facendo fare un salto
al comune senso del pudore prima con Ultimo tango a Parigi di Bertolucci, definito
un cult scandalo, poi con la trilogia della vita di Pasolini (o 3P) che prende il via
con il celebre Decameron e genera un filone boccaccesco che in seguito sfocerà in luce rossa. Le
mode, come sempre, sono effimere e talvolta imperscrutabili, oltre ad essere l'orrore del passato
prossimo. Così torna in auge il ragtime per il successo della
Stangata, ma chi l'avrebbe detto che anche Superfly
di Gordon Parks, 1972, con Ron O'Neal sarebbe diventato un oggetto di culto
inglese? Il kolossal, intanto, fa passi da gigante e incassi magnifici in proporzione alla spesa del budget. Ma chi l'avrebbe detto? Nessuno. Eppure.Il padrino 1, con Marlon Brando |
...prega che quel giorno non arrivi mai
Ma arriva lui, l'italo americano che da sempre lo si vede in giro con Altman. Parlo di Francis Ford Coppola che imbrocca due Padrini, dove il personaggio di don Vito Corleone, vince
due Oscar, prima con Marlon Brando: "Un giorno, e prega che non arrivi mai quel giorno, ti chiederò di ricambiarmi il servizio, fino ad allora consideralo un regalo per le nozze di mia figlia" (don Vito Corleone) e poi con Bob De Niro nel Padrino 2. Mai avvenuto che un personaggio ricevesse due Oscar da due attori diversi. "Cristo Mike, Steven si sposa fra un paio d'ore e fra qualche giorno partiamo per il fronte e noi pensiamo ad andare a caccia. Mi sembra pazzesco", sono i rumors de (Il cacciatore), prima di darsi al
Vietnam con uno dei capolavori mai riusciti meglio in questo filone d’oro a cui
Hollywood ha sempre dato ampio spazio, come fosse davvero la metastasi dell’America, come disse Martin Luther King.
"Noi addestriamo dei giovani a scaricare Napalm sulla
gente, ma i loro comandanti non gli permettono di scrivere "cazzo"
sui loro aerei perché è osceno". (Marlon Brando/Kurtz in una delle scene
finali del film), vincendo due Oscar nel 1980 per la migliore fotografia
(Vittorio Storaro) e miglior sonoro (Walter Murch). Penso che questo, al di là
del genere, sia il film che comprende tutti gli altri film girati, se ciò è
possibile. C'è tutto quel che serve per capire cosa può ottenere ed evocare il
cinema. Tutt'attorno un macabro spettacolo: cadaveri d'impiccati, teste mozze
infilzate su una selva di pali. Willard riconosce Colby, maschera sfigurata e
dipinta come le altre. Ma non è lui ad accoglierlo e a condurlo a riva. E' un
bizzarro fotoreporter (Dennis Hopper), una specie di "arlecchino" che
informa subito Willard dell'impossibilità di raggiungere Kurtz, di parlare a
Kurtz. "Kurtz non è uno a cui si può parlare: Kurtz è uno che si ascolta
soltanto". Il primo contatto avviene dunque senza apparenti attriti, e
alla fine della prima perlustrazione Willard, in compagnia di Jay e Lance
(Clean e Phillip sono morti durante il viaggio), fa ritorno alla navetta. È il
secondo contatto che gli costa l'arresto e la traduzione al cospetto di Kurtz,
nascosto in un antro buio e minaccioso. L’uomo ha una struttura corporea
gigantesca, il cranio completamente rasato e la voce roca, percorsa da un tono
inquisitorio. Anche lui, come Willard, è un "uomo di fiume". Il fiume
della sua infanzia era costellato da una piantagione di gardenie ed era un eden
profumato. Ora le gardenie non ci sono più e il bosco è ridotto a un cumulo di
sterpaglie. Sa perché Willard è stato mandato fin lì: per "porre fine al
suo comando". Ma lui, Kurtz, non è giudicabile. Lo possono anche
assassinare, ma resta ingiudicabile, al di sopra di ogni comune valutazione.
Mentre Willard è soltanto un "galoppino del droghiere", non il
soldato che crede di essere, e quando accenna ai "metodi insani"
riferisce solo una lezione imparata a memoria.
Chi è?
Roberto Al Pancino ?
Roberto Al Pancino ?
Poi cade una stella dal cielo,
proprio a New York, la Città Nuova
e si chiama De Niro, Robert Bob De Niro. Hollywood, quindi, riscopre
la paura collettiva con i suoi film catastrofici ripieni di star in terza età e
in piena fase di riciclo per cui non si può buttare via nulla, come il porco
(da Airport all'Inferno di cristallo). Hollywood trova la pepita d'oro col
paranormale e scatena un film davvero impressionante dal titolo L'esorcista e
scrittura un nuovo Re Mida del dollaro di nome Steven Spielberg che col suo Lo
squalo, vince la pinna d'Oro e best-seller anche in versione cartacea. Un fiume di
dollari in piena fu quel film, si dice che sia il movie che abbia guadagnato di
più rispetto alla spesa di tutti i tempi, un autentico Goldfinger, come dicono
i produttori di Hollywood come i fratelli Harvstein, ex Miramax, quando producono un film
che sbanca e sbancherà. "Sai che cosa hanno di strano gli squali? Hanno occhi senza
vita, palle nere senza luce dentro, come bambole. E quando uno ti si avvicina
non credi neanche che sia vivo, finché non ti morde". (Quint, Robert Shaw a Martin, Roy Scheider).
Ma non
tutti stanno a guardare. I tedeschi, da parte loro, innalzano la bandiera del
cinema d'autore e della scuola protestante. 'Sti tedeschi, che palle. Nascono, alla fama nomi d’oro da
un insolito della nouvelle vague di Monaco, da Herzog a Fassbinder,
Schlondorff a Wenders, che vanno diritti per la loro strada, dorata di premi di made in Germany,
festival e rassegne, impegnando la realtà sociale del Paese. La Gran Bretagna
continua a vivere sulle solite prodezze sempre più tecnologicamente avanzate di James
Bond-Roger Moore o Sean Connery, La spia
che mi amava è, forse, il migliore che ricordi della saga con Il mio nome è Bond, James
Bond diventa un tormentone, come alcuni script davvero ridicoli: “Vodka
Martini. Agitato, non mescolato”, e il volto di Sean Connery ammiccante. Parte del popolo anglofono
sbrodola di fronte a tanta sciatteria tecnologica e se ogni tecnologia
sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia, allora è anche vero che la
tecnologia ha allungato i tempi della vita avendone accorciato la durata.
Al
netto, si vive meno oggi che in passato, ma siamo più fighi. L'Italia di quel periodo, come al solito, è bloccata nel
pantano del terrorismo e dei sequestri. La società, neorealisticameme
parlando, è imperscrutabile, schiavizzata da se stessa, amorfa ad ogni angolo, a parte il genere poliziesco, ove spicca un grandioso Gian Maria Volontè, se vogliamo il Tony Servillo degli anni '70, che mette a colpo due pellicole da cineteca mondiale Un cittadino al di sopra di ogni sospetto e Il caso Mattei. Nessuno riesce ad arrivare così in alto come lui, mentre lo steso possiamo dire di Monica Vitti in ruoli decisamente unici e solo per lei. Perché nessun un'altra avrebbe fatto così bene quello che Monica Vitti ha saputo fare da modesta attrice, senza grandi ambizioni da star della città eterna. Il film di
denuncia cala vertiginosamente - e si rifugia fra le braccia dell'irrealismo quotidiano della coppia
Castellano e Pipolo, che fa collezione di incassi miliardari con Celentano e la Muti, un pò come i Vanzina dei primi anni e i cinepanettoni che hanno fagocitato nello stomaco di milioni d'italiani.
Servillo ricorda
il fascino di Volontè
IlVizietto di
Amici miei
Ma sono
anche gli anni in cui il nostro cinema scopre l'erotismo di massa, la sottoveste
di Laura Antonelli in Malizia, Paolo il caldo, Sesso matto, le tante Ubalde
tutte nude, tutte calde. Fantozzi aiuta a ridere-ridere-ridere sui vizi della middle-class
targata anni’70. Germi dà un addio da maestro affidando a Monicelli il soggetto
di Amici miei e Tognazzi spadroneggia nel Vizietto, l'amore che non osa
pronunciare il suo nome per paura del giudizio rendendo l'omosessualità semplicemente a qualcosa che sta in tutti
noi da sempre, chi in modo evidente e chi in latenza. L'omosessualità è sempre
esistita ed esisterà sempre, consiste di amore e di vizio, di eros e di moda,
di piacere e di colpa, di profondità e di futilità, tanto quanto le altre
pulsioni dell'animo e del corpo. Si può diffidarne, si può criticarla, ma solo
una violenta e impaurita torsione dello sguardo sulle persone, sulla vita,
sull'eros, può arrivare addirittura a scacciare l'amore omosessuale dalla
"natura umana", portando al gradimento di massa la gayezza italo-francese.
Mi è sempre sembrata un po' inutile la disapprovazione dell'omosessualità. È come disapprovare la pioggia o la forfora. Edouard Molinaro, regista del Vizietto, fa capire come la vita sarebbe senz'altro più semplice e migliore in un mondo dove il sesso venisse considerato come qualcosa di naturale e non spaventoso o peccaminoso come in Italia più che altrove e gli uomini potessero amare gli uomini in modo naturale, secondo la loro inclinazione, proprio con la stessa naturalezza con cui amano le donne. Il duo Serrault-Tognazzi, con la grazia della recitazione, mettono in risalto come l'omofobia sia identica al razzismo, all'antisemitismo e tutte le altre forme di bigotteria acuta se non patologica in cui si deumanizzano un largo gruppo di persone, negando la loro umanità, dignità e personalità. Io non ripongo nessunissima speranza negli omofobi, perché sarebbe come chiedere un consiglio a un sacchetto di carta o un bacio a un kiwi, ritenendo l'omofobo un omosessuale represso che sfoga su altri le proprie frustrazioni. L'omofobia è razzismo! E Poche pugnette!!!
Deleteria e
pericolosa l'omofobia. E pure frocia!
Mi è sempre sembrata un po' inutile la disapprovazione dell'omosessualità. È come disapprovare la pioggia o la forfora. Edouard Molinaro, regista del Vizietto, fa capire come la vita sarebbe senz'altro più semplice e migliore in un mondo dove il sesso venisse considerato come qualcosa di naturale e non spaventoso o peccaminoso come in Italia più che altrove e gli uomini potessero amare gli uomini in modo naturale, secondo la loro inclinazione, proprio con la stessa naturalezza con cui amano le donne. Il duo Serrault-Tognazzi, con la grazia della recitazione, mettono in risalto come l'omofobia sia identica al razzismo, all'antisemitismo e tutte le altre forme di bigotteria acuta se non patologica in cui si deumanizzano un largo gruppo di persone, negando la loro umanità, dignità e personalità. Io non ripongo nessunissima speranza negli omofobi, perché sarebbe come chiedere un consiglio a un sacchetto di carta o un bacio a un kiwi, ritenendo l'omofobo un omosessuale represso che sfoga su altri le proprie frustrazioni. L'omofobia è razzismo! E Poche pugnette!!!
Certo, se guardiamo oltreoceano, è tutta un'altra cosa. Il Vietnam diventa un incredibile soggetto per il boom hollywoodiano, trionfa il “Cuculo”. Il ruolo di McMurphy (interpretato da Jack Nicholson) è stato inizialmente
offerto a James Caan, ma suo malgrado rifiutò. Poi James Caan dichiarò alla
stampa: “Milos Forman ha fatto un grande
lavoro e Jack è stato fantastico. Ho fatto un errore del cazzo a rifiutare”.
Il ruolo è stato offerto anche a Marlon Brando, Burt Reynolds e Gene Hackman,
tutti poi rosicarsi le mani per il successo ottenuto dalla sopraffina e
superlativa pellicola di Forman. Suonano le trombe per il grande, forse il più
di tutti, s’i impone come un elefante in una cristallerie Taxi Driver, che sconvolge il pubblico per i primi sapori tarantini
ani. Del resto, il Jena di Hollywood, l’ha sempre detto che Taxi driver, l’ha
sempre considerato fra i primi migliori film che abbia mai visto concludendo
che: “Martin può solo insegnare, perché
ha sempre saputo tutto del cinema”. Nasce, ahimè, nel 1977, la saga di
Guerre stellari di Lucas (inizia così il filone più fortunato del secolo, il film
fantascientifico) e molti chiedono una flebo con molto glucosio e cortisone,
per reggere l’urto di tanto spreco, umano ed economico. Ritorna a volare
Superman e noi lo lasciamo andare tranquillo nel suo volo. Intanto un giovanotto alto, timido e buon ballerino diventa l'idolo
delle discoteche, per giunta e italo americano.
La Francia , intanto, sfodera
il serial erotico Emmanuelle e per il resto vive sulla fama della nouvelle
vague composta da Claude Chabrol, Jean Jaques Truffaut, Jean Luc Godard, Jacques Rivett e qualche altro
amico, tra cui un nuovo venuto, Eric Rohmer. Alain Resnais, che firmerà il suo
celebre Hiroshima mon amour solo dopo 10 anni di
cortometraggi, si dimostra un capostipite di questo filone artistico. A questi
vanno aggiunti Louis Malle, che non si definirà mai un appartenente al
movimento, ma piuttosto si riterrà emarginato dai registi aderenti al movimento,
anche se va detto che il carattere di Malle era estremamente individualista per
riconoscersi in un qualsiasi movimento. Ci sono molti lutti: se ne vanno
Chaplin, Hawks e Hitchcock. La censura del mercato è in piena forma. Difficilmente
vediamo un cinema che non sia già codificato dal successo. Ma i miti resistono.
Imperdonabile, cioè impagabile! |
Il ragazzo che fece impazzire l'America
Si chiama Travolta, quello che John fece fare all'America e le sue carte di credito sono La febbre
del sabato sera e Grease, considerati all’epoca davvero due capolavori. Dice Giannini: "Perché l'omo, ha da puzzà" |
Voi vi toccate? E se si, come?
Bertolucci tenta il kolossal naziorial-popolare di Novecento, senza ottenere i risultati
attesi. Va meglio alla grande Melato e a Giannini che vengono Travolti (eccetera). I nostri spettatori
medi hanno voglia di ridere sull'Italia o di pensare sull'America. Il mito del
West crolla con Piccolo grande uomo si
afferma l'aria qualunque di Dustin Hoffman con i suoi anonimi ma intimisti come Il laureato mentre Kramer con Kramer che spopola. L'Italia, imperterrita, continua a lanciare sul mercato delle gran Ubalde. No, complessivamente il giudizio del cinema negli anni ’70 è
pollice verso, sicuramente. Un modo di usare la celluloide in maniera inesperta
e soprattutto priva di coraggio.
Da allora Avati, Moretti,
Garrone, Marco Tullio Giordana e Sorrentino
(rimandato Tornatore!), ci hanno tolto dal guado insopportabile della crisi del cinema
italiano. Non se ne poteva più. Non passava giorno che questo quesito non veniva posto da qualche parte della Penisola. Isole comprese. Una vera ossessione. Ora dobbiamo saper vendere La grande bellezza
di Sorrentino agli americani, quelli del "Kodak Theatre", la giuria degli Oscar per far vincere l’Oscar come miglior film
straniero all’autore de Il Divo. Io penso che vincerà. Chissà quanti si sono toccati le palle o non so cos’altro punto del corpo femminile. Probabilmente nessuno\a. Chi vivrà vedrà, buon Rino.
Per arrivare qui
Ne valse la pena?
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