mercoledì 17 giugno 2015

La bizzarria del Conte

Quel      naso triste
come una        salita
Paolo Conte è nato al mondo dell'arte sotto un pericoloso cavolo. Definirei quel cavolo categoria del "bizzarro". La categoria del bizzarro comprende, senza troppo distinguere, molte delle maniere poco ortodosse per dire le cose e le comprende in un modo tutto sommato antipatico, perché trova modo di giustificarle senza capirle. Bizzarra è senza dubbio apparsa, al suo primo manifestarsi, la musica jazz, perché fa rumori balzani, eccentrici, bizzarri ed estroso. Tutto il resto è poesia.
Paolo Conte back to perform
Bizzarra l'arte 
Si, l'arte non figurativa e non realistica, visto che il gusto di massa, davanti a un ritratto di Grosz o di Francis Bacon, noterà sicuramente che le fisionomie sono stranite da qualche incomprensibile paturnia dell'autore, ma alla fine sarà disposto, per non fare cattiva figura, ad accettare l'idea che le sembianze umane possano anche essere distorte perché all'arte, solo per questo il Conte si concede, appunto, la licenza di essere bizzarro.
La condizione è umana?
Difficile è capire che quei quadri, che colpiscono la condizione umana come una rasoiata, sono in realtà persino più precisi dei lineamenti veri. Lo si capirà, forse, quando l'artista "bizzarro", sarà capace di perseverare nella sua bizzarria continuando a emettere i suoi suoni strani fino a far capire che quello è uno stile, un mondo interiore che trova modo di esternarsi, di scivolare via dal pensiero lungo linee originali, che sono solo di quell'artista e non di altri. Intanto io rifletto, chi lo sa, forse la vita è tutta qua. Abbiamo un bel cercare nelle strade e nei cortili, cosa c'è, cosa c'è? C'è un mondo che si chiude se non ha un pugno di felicità. "Io sono sempre triste, ma mi piace di sorprendermi felice insieme a te, bevuti in questo cielo azzurro e alto che sembra di smalto e corre con noi".
Ha avuto molta pazienza e la tranquillità dei forti con quella faccia un pò così, quell'espressione un po' così, lasciaci tornare ai nostri temporali, ai giorni tutti uguali, canta il Conte. I primi afiçionados lo adoravano con battute d'incenso del Bengala e i fiori di Laore, ma ridevano un pò troppo di lui e ciò non andrebbe bene, sottolineavano un pò troppo quanto fosse strano quel borghese, di bell'aspetto che torce la bocca al pianoforte a coda laccato nero e si occupava formalmente di cose provinciali. "L'avvocato di Asti" era la perfetta dicitura per un artista bizzarro: come il geometra di Voghera o il dentista di Vicenza.
Perché Ligabue?
          Un            Ligabue
educato e post-contadino che lasciava crepitare dalla bocca buffe onomatopee. Si è sentito, forse, una macchietta, l'avvocato di Asti, ai primi passi della sua storia? La clownerie del kazoo, lo strumentino a pera (una specie di ocarina da garage, una marmitta da utilitaria), il piccolo mondo datato del Mocambo, di Angiolino, di Stradella, i mitici zazzarazzà, verranno poi ascoltati? Rutto congiurava a ridurre Conte a un caratterista della canzone. E come affascinante caratterista e autore oltre che grande artista autentico, credo che si sia conquistato il miglior ascolto e credito, solo chi è un po’ più avanti col tempo, può piacere Paolo Conte, con le sue parole d'amore scritte a macchina.
All'inizio io non credevo, sinceramente, che da quelle postazioni in fondo limitate Paolo Conte sarebbe riuscito ad arrivare dove meritava e dove gli competeva arrivare: e cioè nella non grande schiera dei grandi artisti, coloro che commuovono, coloro che tirano un piccolo filo e dietro si scioglie la grande matassa delle emozioni.
Un Conte gnaffo
con il baffo
C'è voluto tempo e pazienza (ci sono voluti, ahimè, anche i Francesi: quello che piace ai Francesi di Parigi finisce sempre, poi, per avere la patente del vero e del bello. È ingiusto, ma è così, e alla fine viene da pensare che i Francesi se lo meritano perché capiscono meglio), tempo e pazienza, dicevo, perché un musicista non realista come Paolo Conte che con pochi tratti, i due o tre giusti, indica infiniti piani di luce e di fantasia, riuscisse a imporsi per quello che è.
Il Conte non ha paura della longevità
in fondo non è mica uno pseudo intellettuale
Adesso, ormai un pubblico quasi "di massa', cioè la larga élite delle città curiose e colte dell'Europa, ha squarciato la scorza "buffa" di Paolo Conte indovinando le solitudini, la vertiginosa poesia, la vastità degli spazi dentro i quali è possibile entrare da una porticina piccola. L'avvocato di Asti è finalmente diventato Paolo Conte, per sempre. Ancora lui non lo sa, ma lo sanno i suoi fans, di Parigi, Amsterdam, Berlino...

Con Jannacci 
Quando Enzo Jannacci portò Conte a “Il disco a Firenze”, (quelle feste estive di musica carogna come il Festival bar), la prima cosa che gli chiese, fu: "Non ti sembra un pò sporca questa canzone?". E Janacci rispose: "Ma che sporca, con quello che dicono i ragazzi oggi, ti posso garantire che è pulitissima", fu la risposta di Jannacci. Comunque, a parte tutto, la canzone è molto bella ed è cantata e scritta bene. 
"Non saranno sporche, le canzoni"?
Ascoltandola sembra proprio di vedere il tifoso sulla strada, infangato, con la moglie che rompe le scatole. Come vedi io dico: "che rompi le scatole", i giovani ti sparano in faccia  un “cazzo che figa”! Cambiando diametralmente direzione del discorso, salta su il buon Jannacci: “A proposito di quel naso triste come una salita, che fine ha fatto?”.
Ognuno mi vede a seconda del proprio pensiero, anche se il naso effettivamente ce l'ho un po' sciupato, si si, anche grosso come una patata, si difese il Conte. Ma il vino spara fulmini e barbariche orazioni che fan sentire il gusto delle alte perfezioni e per questo le langhe, situate a cavallo delle province di Cuneo e Asti, sono un punto di approdo mai di partenza. Si difese che sapeva andare in bicicletta, meglio di Bartali e Coppi insieme.
Come
un ciclista
A proposito di "quanta strada ha fatto Bartali". Tanta davvero, io quando guardo la cartina d'Italia cerco di scoprire dove non sono stato e di calcolare quanto tempo mi ci è voluto per girare tutti questi paesini. Poi dico sempre: "Chissà come avrà fatto Garibaldi a essere in tutti i posti andando a cavallo", perché in tutti i paesi che vai c'è stato un Garibaldi, si vede che lui la guerra mica la faceva,  gli mancava. 
  Il protagonista
nella canzone
ha fatto bene ad aspettare Bartali, perché le mogli stanno bene al cinema quando c'è lo sport, altrimenti fanno confusione. Il vero sportivo deve andare solo sul percorso e se anche dovesse andarci con la moglie è meglio che la sistemi cinquanta metri più avanti. Comunque per me la canzone è bellissima, forse avrei levato quelle due o tre parolacce in fondo, però, sentendola più volte non ci se ne accorge nemmeno, e poi, effettivamente, Conte ha detto la verità e quando uno dice la verità è sempre nel giusto. Poche seghe e più pugnette! Su Paolo Conte si fa un gran dire, troppo facile, il jazz non mi piace, mi rompe le palle. Ebbene, stategli lontano, ne beneficerà il jazz. Il resto è già poesia.